Maternità facoltativa, quanti mesi spettano alla lavoratrice?

Maternità a lavoro sono un binomio che suscita parecchie domande nelle donne che devono gestire da un lato la propria gravidanza e dall’altro la propria carriera professionale. Il...

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Maternità a lavoro sono un binomio che suscita parecchie domande nelle donne che devono gestire da un lato la propria gravidanza e dall’altro la propria carriera professionale. Il quadro normativo italiano prevede una serie di tutele nei confronti delle donne incinte e, in linea generale, per entrambi i genitori del futuro nascituro. In particolar modo per quanto riguarda la madre, la legge prevede due diverse forme di astensione dal lavoro: una obbligatoria ed una facoltativa. Se il primo caso è abbastanza intuibile, nella maternità facoltativa subentrano molteplici variabili che possono creare confusione e dubbi sui diritti dei quali si può godere.

A disciplinare la materia il Dlgs. 151/2001 nel quale vengono trattati i congedi, i riposi, i permessi, i sostegni economici e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento.

Maternità obbligatoria, in cosa consiste

Prima di chiarire i punti focali della maternità facoltativa, è bene disaminare le tempistiche della maternità obbligatori. Come anticipato, per tutelare la salute della lavoratrice e del bambino che porta in grembo la legge prevede un periodo di maternità obbligatoria di 5 mesi. Tale astensione può essere usufruita o due mesi prima del parto e per i successivi tre mesi dopo la nascita del bambino, oppure un mese prima del parto e quadro mesi dopo la nascita. Nel caso le lavoratrici debbano occuparsi di mansioni che possono comprometterne la salute, allora l’obbligatorietà all’astensione può scattare anche nei tre mesi precedenti alla presunta data del parto.

La lavoratrice incinta deve presentare all’Ufficio delle Risorse Umane, entro il sesto mese e mezzo di gravidanza, il certificato medico del proprio ginecologo la data presunta del parto. Nel caso in cui si scelga l’opzione 1+4, oltre al certificato medico deve sussistere un attestato a firma del medico del Servizio sanitario nazionale ed uno del medico competente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro per assicurare l’assenza di rischio per la salute della dipendente in attesa.

Infine, l’astensione obbligatoria può assumere tempistiche totalmente differenti da quelle sopracitate nel caso in cui alla lavoratrice venga diagnosticata una gravidanza a rischio o quando le condizioni di lavoro o ambientali sono ritenute dannose per la donna ed il bambino.

Vi sono poi degli specifici casi in cui ad aver diritto dell’astensione obbligatoria non è la madre ma il padre del bambino. L’ipotesi ha luogo qualora, nei primi tre mesi di vita del bambino, la madre muoia, venga dichiarata gravemente inferma o abbandoni il piccolo.

Parlando dell’aspetto economico, alle lavoratrici in maternità obbligatoria spetta un’indennità pari all’80% della retribuzione.

Maternità facoltativa, quando è possibile usufruirne

I diritti per le madri non si esauriscono nei soli cinque mesi a cavallo del parto. Parliamo dunque di maternità facoltativa, meglio conosciuta come congedo parentale poiché il periodo di astensione riguarda entrambi i genitori e non solo la donna. In questo caso, al contrario del congedo di maternità, il quale è obbligatorio, l’assenza dal lavoro è puramente facoltativa e a discrezione delle parti.

La maternità facoltativa o il congedo parentale consiste in un’astensione dal lavoro basata sulla diminuzione o annullamento della paga, fino al compimento dei 12 anni del figlio. Possono godere del congedo parentale anche coloro che adottano o ai quali viene affidato un figlio. In questo caso l’astensione è possibile entro gli 8 anni dall’ingresso del figlio e non oltre i 18 anni dello stesso.

Riguardo le tempistiche, è necessario fare delle distinzioni. Se ad usufruire della maternità facoltativa, la legge prevede un massimo di 6 mesi. Se invece a fare richiesta del congedo parentale è solo il padre, i mesi a disposizione sono 7. Se entrambi i genitori decidono di usufruire del congedo parentale i mesi cumulativi sono 11, a patto che i limiti siano i medesimi del congedo usufruito separatamente e dunque massimo 6 mesi per la madre e 7 per il padre. I mesi a disposizione non devono necessariamente essere richiesti in maniera continuativa ma frazionati fino al compimento dei 12 anni del figlio.

Come per la maternità obbligatoria, anche il congedo parentale non prevede la piena retribuzione ma un’identità con percentuali variabili così come previsto dal Dlgs. 80/2015. Fino ai 6 anni del bambino ai genitori in congedo parentale spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera. Dai 6 agli 8 anni l’indennità rimane al 30% solo nei casi in cui il reddito individuale non superi di 2,4 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione. Infine, dagli 8 ai 12 anni la legge non prevede alcun tipo di indennità.

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