Monza, granchio ferito salvato dall’ENPA

Il protagonista di questa storia non è un animale che vive in Brianza ma è proprio a Monza che una sorte segnata si trasforma in un bel finale....

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Il protagonista di questa storia non è un animale che vive in Brianza ma è proprio a Monza che una sorte segnata si trasforma in un bel finale.

Mercoledì 10 aprile: dopo il mercato settimanale che si effettua nel quartiere di San Fruttuoso di Monza, la ditta che si occupa della pulizia delle strade nota un piccolo granchio, privo di una zampa, evidentemente caduto da una bancarella del pesce.

Un operatore ecologico, particolarmente sensibile, la raccoglie e lo porta nel parco-rifugio di via San Damiano dove, passato il primo stupore, operatori e volontari ENPA si mobilitano per recuperare l’acqua salata, come quella acquistata da chi detiene pesci e altri animali marini. Il granchietto viene alloggiato e nutrito in un piccolo acquario.

Giunto all’ENPA di Monza, era scontato che il granchio non sarebbe mai finito in una pentola, ma la domanda era: dove liberarlo? Ci ha pensato il destino a dare una mano per suggerire la soluzione migliore: Stefano e Feddi, operatori del rifugio, proprio in quei giorni andavano a fare una breve vacanza a Cattolica, sul mare Adriatico e così, dopo aver accertato che il crostaceo apparteneva a una specie autoctona, è parsa la cosa più scontata riportarlo nel suo ambiente naturale.

Detto, fatto! Dopo poche ore in macchina in un piccolo acquario da viaggio, il piccolo granchio è stato rilasciato da Feddi e Stefano in una zona con una lingua di sabbia che arrivava agli scogli.

«Il granchio – racconta Feddi – all’inizio è rimasto fermo, poi appena sentita l’acqua è corso verso gli scogli, sulla sabbia e si è piazzato vicino a un’alga. È stato un momento di grande felicità e commozione!»

Bolliti vivi… a questo granchio è stata risparmiata una fine davvero orribile. Granchi, grancevole, astici e aragoste, infatti, sono accomunati da un triste destino: prima in bella mostra in un acquario al ristorante davanti ai commensali, oppure con le chele legate su uno strato di ghiaccio al supermercato come in pescheria o su una bancarella del mercato, una volta acquistati finiranno in pentola a bollire ancora vivi perché tanto, come continuano a pensare in troppi, questi animali non sono capaci di soffrire.

Con l’eccezione di alcuni Comuni che nel proprio regolamento per il benessere per gli animali vieta espressamente questa pratica crudele, in Italia non esiste alcuna Legge nazionale specifica.

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