Il primo maggio del 1994 ci lasciava Ayrton Senna

di Roberto Marraccini – Il 1° maggio del 1994, una domenica assolata di metà primavera, uno dei piloti di automobilismo più talentuosi, se non, forse,  quello più grande...

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di Roberto Marraccini – Il 1° maggio del 1994, una domenica assolata di metà primavera, uno dei piloti di automobilismo più talentuosi, se non, forse,  quello più grande di tutti i tempi, ci lasciava: Ayrton Senna.

Ricordare la sua figura, il suo grande carisma e, soprattutto, la sua straordinaria umanità in un breve articolo è difficile e, forse, sminuente. Ma con queste brevi note cercherò di trasmettere il suo ricordo e le emozioni che chiunque, anche i non appassionati di automobilismo, provavano nel guardarlo in pista.

Fu leggendario, inarrivabile, per talento, coraggio; fu quasi divino per come riusciva a spingere la propria macchina oltre i limiti consentiti dalle leggi della velocità.

Ayrton Senna Da Silva, doppio cognome che ne fanno intuire l’origine italiana, nasce il 21 marzo del 1960 a San Paolo del Brasile. La sua è una famiglia agiata, benestante, composta dal padre, Milton Da Silva, la madre, Neide Senna, brasiliana di origine italiana, un fratello e una sorella. Il legame che Ayrton ha con la sua famiglia, la madre in particolare, è fortissimo e sarà una costante – anche di rifugio e ripresa fisica – in tutta la sua esistenza. Lo stesso pilota ricorderà, infatti, in varie circostanze l’enorme importanza della tranquillità, anche economica, nonché dell’immenso affetto ricevuto per la sua crescita e la sua maturazione, prima che sportiva umana. Credente e profondamente devoto, la sua fede gli derivava – in modo particolare – dall’educazione che gli impartì la madre. Ovunque andasse, quindi in ogni suo viaggio nei più disparati paesi del mondo teatri delle gare di Formula 1, aveva sempre con sé una copia della Bibbia e spesso ne leggeva dei passi.

Iniziò da piccolo a gareggiare con i kart. Il suo talento era cristallino. Era un predestinato, come lasciò intuire – di lui – Enzo Ferrari nel 1984, dopo averlo visto all’opera in televisione nel Gran Premio di Montecarlo, sotto la pioggia: “La stella nascente è senza dubbio Ayrton Senna Da Silva. Brasiliano, giovane, audace esibizionista ‘ognitempo’. Al coraggio unisce un talento tecnico che sta affinando e che lo porterà lontano”. Parole profetiche.

Quel 1° maggio di 26 anni fa, come ogni domenica gli italiani erano incollati alle radioline ad ascoltare la diretta delle partite di calcio e alla televisione a seguire, se si correva in quel fine settimana, il Gran Premio di Formula 1. Quel fine settimana il circuito mondiale fece tappa ad Imola, Gran Premio di San Marino. Senna partiva dalla pole position, ma a caratterizzare quel fine settimana di prove e gara sarà, purtroppo, ben altro. Il giorno prima, nel corso delle qualifiche, accadde l’incidente mortale di Roland Ratzenberger (pilota austriaco della scuderia Simtek) che segnò profondamente lo stato d’animo di Senna. Corse, infatti, il Gran Premio, la domenica, con la bandiera austriaca nella sua vettura, con l’intenzione di sventolarla nel caso avesse trionfato.

Tragico fu invece il destino. Nel corso del suo settimo giro, la vettura del pilota brasiliano – alla curva del Tamburello – uscì di pista ad una velocità spaventosa, per cause dovute al cedimento dello sterzo. Trasportato in condizioni disperate all’Ospedale Maggiore di Bologna, morì alle 18.40. Aveva 34 anni e una vita ancora lunga davanti.

Pochi mesi dopo, negli Stati Uniti, la nazionale brasiliana di calcio batteva nella finale mondiale – a Pasadena – l’Italia di Arrigo Sacchi. La vittoria venne dedicata al pilota della Williams, con queste parole scritte su un grande striscione «Senna… aceleramos juntos, o tetra é nosso». («Senna…acceleriamo insieme, il titolo è nostro»). Una dedica che fece commuovere un intero paese, il Brasile e il mondo intero. Per colui che fu, che è, l’immortale, l’inarrivabile, l’unico: Ayrton Senna.

Uno dei ricordi più belli e commuoventi che, in questi anni, sono stati fatti sulla sua figura, leggendaria, è – credo – quello di Lucio Dalla, nella sua canzone Ayrton. Queste le struggenti parole di quella canzone: “Ho capito che la gente amava me potevo fare qualcosa. Dovevo cambiare qualche cosa. E ho deciso una notte di maggio in una terra di sognatori ho deciso che toccava forse a me. E ho capito che Dio mi aveva dato il potere di far tornare indietro il mondo rimbalzando nella curva insieme a me. Mi ha detto “chiudi gli occhi e riposa”. E io ho chiuso gli occhi.”.

senna

L’articolo di Roberto Marraccini è tratto dal suo blog: https://robertomarraccini.wordpress.com/home/

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