di Eugenio Maria Faleri – Poco più di 24 ore prima dell’assassinio di domenica 29 luglio 1900 a Monza del Re d’Italia, Umberto I° di Savoia (1844/1900), due anarchici, il toscano Gaetano Bresci (1869/1901) e il piemontese Luigi Granotti (1867/1949) vanno a cena insieme, e per l’ultima volta.
In quella calda sera di luglio, in entrambi, sicuramente, c’è la consapevolezza che quella potrebbe essere davvero l’ultima cena: l’ultima cena da uomini liberi o addirittura l’ultima cena della vita.
Uccidere il Re, a colpi di pistola, in un luogo decisamente affollato, tra centinaia e centinaia di persone e alla presenza di parecchi militari armati, viene giustamente valutata come un’operazione ad altissimo rischio… che tuttavia bisogna portare a termine perché entrambi gli anarchici, nella primavera di quell’anno 1900, dagli Stati Uniti dove abitavano nella città di Paterson, Stato di New Jersey, sono ritornati in nave in Europa: un attentato per eliminare il Re e per vendicare così i tanti morti e i tantissimi feriti dei “Moti di Milano” del maggio 1898, quando il Generale Comandante il Terzo Carpo d’Armata, di stanza a Milano, Fiorenzo Bava Beccaris (1831/1924), fece sparare sulla folla dei manifestanti milanesi, anche con i cannoni, dal Regio Esercito Italiano.
Quindi, per Gaetano Bresci e per Luigi Granotti, una cena modesta, a due, al “Caffè del Vapore” di Monza, una nota trattoria del luogo.
Ma ecco il menù e il costo di questa ultima cena, portata dopo portata, nel dettaglio:
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pane Lire 0,20;
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vino Lire 1,20;
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due brodi Lire 0,60;
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due spezzatini Lire 1,40;
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formaggio Lire 0,50;
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frutta Lire 1;
per un totale complessivo di Lire 4,90.
Quello che oggi forse sembra un po’strano in questo conto è l’indicazione di “due brodi”… ma, ai tempi, si usava così: la carne, poca e costosa, appariva raramente sulle tavole delle famiglie italiane, e quando c’era veniva utilizzata due volte: appunto per il brodo e quindi per un’altra preparazione culinaria. Il brodo era quindi comune (certo, magari non con il caldo di luglio) sulle tavole degli italiani e… oggi forse non più, ma nei corredi di porcellana delle nostre nonne e bisnonne, c’erano sempre anche le tazze da brodo: basse, rotonde, sottili, con due manici e con il sottostante piattino.
Assai spesso, un umilissimo brodo, veniva altresì nobilitato pure nel nome, alla francese: “consommé” (ovvero: brodo ristretto).
Questa ultima cena, insieme, al “Caffè del Vapore” di Monza, fu pagata da Gaetano Bresci con una moneta d’argento da 5 Lire, lasciando poi una mancia di 10 Centesimi.
Ai tempi, la moneta d’argento da 5 Lire (detta anche Scudo del Regno d’Italia), portava: al recto l’effigie di Re Umberto I° di Savoia, al verso l’immagine dello stemma sabaudo, in incuso il motto dei Savoia F.E.R.T. (fusione in argento 900, diametro 37 millimetri, peso 25 grammi, Zecca di Roma) e quindi una moneta coniata proprio con sopra quel Re… da assassinare il giorno dopo.
Oggi noi conosciamo il dettaglio di questa cena in quanto il conto fu trovato in tasca a Gaetano Bresci quando fu arrestato in flagranza di reato, appena compiuto il regicidio.
I due anarchici, separatamente, furono poi processati, e condannati, entrambi all’ergastolo, dalla Corte d’Assise di Milano: il 29 agosto 1900 per Gaetano Bresci (detenuto) e il 25 novembre 1901 per Luigi Granotti (latitante, e per questo giudicato in contumacia).
Gaetano Bresci morirà poi pochi mesi dopo, il 22 maggio 1901, nel piccolo carcere sullo scoglio di Santo Stefano, nelle Isole Ponziane, ufficialmente suicidatosi nella sua cella, per avvenuta impiccagione.
Luigi Granotti morirà invece nel suo letto il 30 ottobre 1949, e cioè oltre cinquanta anni (mezzo secolo) dopo il regicidio, negli Stati Uniti, a New York, Stato di New York, dopo un’intera vita da latitante, eternamente in fuga (forse) in giro per tutto il mondo … lì visse quasi sempre, sotto falso nome, aiutato e protetto dagli amici anarchici italiani.
Questa, in breve, è la storia di quell’ultima cena (e non dell’Ultima Cena) tra i due amici: l’anarchico toscano Gaetano Bresci e l’anarchico piemontese Luigi Granotti, il “commando” di due uomini che doveva assassinare il Re.
Oggi, dopo ben 122 anni dal regicidio, viene fatta qui e ora una puntuale memoria di quel piccolo quanto curioso evento, una cena modesta al “Caffè del Vapore” di Monza … ma quello che non sapremo mai, proprio mai, sono: i pensieri e le parole dei due anarchici, il toscano e il piemontese, a tavola: il coraggio unito e contro alla paura, davanti alla grande storia che insieme avrebbero scritto all’indomani.
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