L’eterna fuga dell’anarchico Luigi Granotti

di Eugenio Maria Faleri – Forse non tutti sanno che, dopo l’assassinio di domenica 29 luglio 1900 a Monza del Re d’Italia, Umberto I° di Savoia (1844/1900), la...

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di Eugenio Maria Faleri – Forse non tutti sanno che, dopo l’assassinio di domenica 29 luglio 1900 a Monza del Re d’Italia, Umberto I° di Savoia (1844/1900), la giustizia del Regno d’Italia comminò due ergastoli: uno all’anarchico toscano Gaetano Bresci (1869/1901), che fu l’autore materiale del regicidio, e uno all’anarchico piemontese Luigi Granotti (1867/1949) che, così pare proprio, fu suo complice.

Il 29 agosto 1900, Gaetano Bresci fu processato e condannato alla pena detentiva dell’ergastolo, a Milano, dalla Corte d’Assise e già, in quella occasione, in aula il Procuratore Generale Nicola Ricciuti parlò pubblicamente di un secondo anarchico ricercato, senza tuttavia farne il nome.

Gaetano Bresci morirà pochi mesi dopo, il 22 maggio 1901, nel piccolo carcere edificato dai Borbone, e quindi ereditato dai Savoia, sullo scoglio di Santo Stefano, nelle Isole Ponziane: fu una morte strana quanto misteriosa, ufficialmente suicidatosi nella sua cella, per avvenuta impiccagione.

Tuttavia, gli inquirenti e la magistratura, percorsero altresì la strada di un complotto, di più persone, anche straniere, che portarono appunto al regicidio… in altre e più semplici parole, erano convinti che non si fosse trattato del singolo e isolato gesto dell’attentatore Gaetano Bresci, che fu immediatamente arrestato dai Carabinieri Reali in flagranza di reato: si dichiarò unico responsabile.

Le indagini a tutto campo durarono alcuni mesi e, per effetto delle loro varie risultanze, furono mandate a processo, sempre davanti alla Corte d’Assise di Milano, ben undici persone.

Il 25 novembre 1901, la sentenza: dieci assoluzioni e una sola condanna, in contumacia, alla pena detentiva dell’ergastolo, proprio per l’anarchico Luigi Granotti, in quanto parte attiva del complotto (a due?!) che portò appunto al regicidio di Monza.

Come Gaetano Bresci, anche Luigi Granotti (i due si conoscevano piuttosto bene, può essere che fossero grandi amici e frequentavano lo stesso circolo anarchico, nella città di Paterson, nel New Jersey) era rientrato, dagli Stati Uniti in Italia, nella primavera del 1900, i due però viaggiarono in giorni diversi e su navi diverse: “La Gascogne” per Bresci e “La Touraine” per Granotti.

Pochi giorni prima del regicidio si ritrovarono a Milano quindi insieme raggiunsero Monza in treno.

A Monza, alloggiarono in due diversi ostelli ma, la sera prima dell’assassinio del Re, cenarono insieme al “Caffè del Vapore” di Monza, spendendo in tutto 4,90 Lire; il conto lo pagò Gaetano Bresci con una moneta d’argento da 5 Lire, rifiutò il resto e lasciò quindi 10 Centesimi di mancia.

Alla sera del giorno successivo, entrambi armati di pistola, entrarono nel campo sportivo, da due ingressi diversi, dove era in corso il saggio ginnico della società sportiva “Forti e Liberi” di Monza (lì fondata nel 1878) e di alcune altre squadre, alla augusta presenza del Re seduto in tribuna.

Fuori dal campo sportivo, sul viale, l’assassinio del Re, per mano di Gaetano Bresci, che esplose contro di lui quattro colpi di pistola, di cui tre lo centrarono (spalla sinistra, un polmone, il cuore).

Re Umberto I° di Savoia morì praticamente all’istante, dopo avere detto le sue ultime parole “Avanti, credo di essere ferito”.

Mentre il regicida fu immediatamente arrestato dai Carabinieri Reali, Luigi Granotti, nella grande e totale confusione del momento, riuscì abilmente a dileguarsi: subito buttò la sua pistola in un prato e alle ore 23 circa, e cioè mezz’ora dopo l’attentato, era già nella sua stanza da letto nell’ostello.

Il giorno successivo, dopo avere fatto colazione, alle ore 9 pagò il conto del pernottamento e, nonostante il cordone di polizia steso tutto intorno a Monza, riuscì a passare e quindi a fuggire.

Dall’Italia, aiutato da alcuni anarchici e sotto falso nome (il documento d’identità da lui utilizzato era assolutamente autentico ma era intestato a un’altra persona… all’epoca, non c’era a corredo la fotografia, già), riuscì quindi a espatriare: dapprima in Svizzera e poi in Francia, forse in Belgio e infine in Gran Bretagna, da lì più o meno si perdono le sue tracce.

Sembra sia riuscito successivamente, e sempre con documenti identitari non suoi, a ritornare negli Stati Uniti, da dove era partito pochi mesi prima.

Poi, il nulla: dileguato, latitante, introvabile in quanto velocemente sparito sulle infinite vie del mondo intero.

Venne comunque attivamente ricercato dalla giustizia italiana, per tanti e tanti anni, ancora e ancora, ma senza esiti positivi.

Divenne così una sorta di “primula rossa” dell’anarchia italiana, un soggetto accorto nei suoi spostamenti, scaltro e inafferrabile, quasi una leggenda vivente.

Fu segnalato in tantissimi Paesi, tra cui: Argentina e Brasile e Messico, Australia e Nuova Caledonia, Cina, Portogallo e Spagna, Sudafrica e Zanzibar, oltre che in diverse città degli Stati Uniti… incredibile ma vero: (forse) girava e girava e girava, senza stancarsi mai, per tutto il mondo.

Così, l’anarchico Luigi Granotti riuscì a sfuggire al carcere duro ai tempi riservato agli ergastolani e quindi, sicuramente, a salvarsi pure la vita (insomma: non finì presto e male i suoi giorni terreni come invece accadde all’amico Gaetano Bresci).

Seppe così evitare anche le due Guerre Mondiali e in Italia, prima il Regno e poi la Repubblica.

Dopo il regicidio e la latitanza, visse ancora per molti e molti anni (ben cinquanta, e cioè mezzo secolo), sotto falso nome, aiutato e protetto dagli amici anarchici italiani, quasi sempre a New York (nell’omonimo Stato), dove serenamente morì nel suo letto nel 1949.

Fu quindi l’uomo dell’eterna fuga … che tuttavia riuscì, con abilità e fortuna, a salvarsi la vita.

Questa, per sommi capi, è la straordinaria storia dell’anarchico Luigi Granotti, il secondo uomo del “commando” che doveva uccidere a Monza Re Umberto I° di Savoia.

Se Gaetano Bresci avesse fallito il regicidio … allora, in seconda battuta, sarebbe intervenuto proprio Luigi Granotti.

Ancora oggi, tutti conoscono l’anarchico toscano che, assassinando il Re a Monza, si rese famoso perché fece la storia … ma pochi sanno chi è l’anarchico piemontese, il “gregario” (se così ora si può scrivere).

Infine, una piccola curiosità: quasi tutti gli anarchici del tempo, avevano un soprannome: Gaetano Bresci era “lo Zittone” mentre Luigi Granotti era “il Biondino”.

Oggi, trascorsi ormai 122 anni da quella tragica sera del 29 luglio 1900 a Monza, usciti dalla cronaca e quindi entrati nella storia, i due anarchici, il piemontese e il toscano, entrambi condannati all’ergastolo, rappresentano efficacemente due modi davvero opposti di “intendere” la vita: la fuga contro la morte e la libertà contro il carcere.

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