Coronavirus: in difficoltà la filiera suinicola lombarda

L’emergenza coronavirus sta mettendo in difficoltà anche la filiera suinicola lombarda con gli allevatori che devono fronteggiare l’aumento dei costi di produzione e il calo dei prezzi a...

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L’emergenza coronavirus sta mettendo in difficoltà anche la filiera suinicola lombarda con gli allevatori che devono fronteggiare l’aumento dei costi di produzione e il calo dei prezzi a loro riconosciuti. È quanto afferma la Coldiretti Lombardia sulla base delle segnalazioni raccolte sul territorio, mentre cresce del 17% il consumo degli affettati delle famiglie italiane, che acquistano sempre di più anche i prodotti confezionati in vaschetta in base ai dati Iri.

Nonostante l’aumento degli acquisti – spiega la Coldiretti – le quotazioni alla stalla sono state spinte al ribasso del 10% nell’ultimo mese, mentre le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, hanno registrato rincari fino al 26% mettendo in difficoltà gli allevatori che rischiano di non vedersi neppure ripagati i costi di produzione.

“I costi di produzione e il crollo dei prezzi sono difficoltà reali – dice Luca Dordoni, allevatore suinicolo di Bertonico, nel Lodigiano – Con l’emergenza coronavirus, non potendo contare su tutta la forza lavoro, sono entrati in difficoltà i macelli e i prosciuttifici. Poi, il mercato si è bloccato per la chiusura del canale ristorazione. Oggi questa situazione si ripercuote su tutta la filiera fino agli allevatori, passando per i trasformatori e i macellatori. Una soluzione potrebbe essere quella di autorizzare l’ammasso non del prodotto stagionato o di quello per le vaschette, ma il prodotto fresco, mettendolo sottovuoto”.

La situazione della filiera suinicola è aggravata dalle importazioni che a livello nazionale hanno raggiunto il ritmo medio di 4,7 milioni di pezzi al mese, mentre in Italia il via libera all’obbligo dell’etichettatura d’origine su tutti i salumi è atteso dal 93% degli italiani che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti per dire finalmente basta all’inganno di prosciutti e salami fatti con carne straniera ma spacciati per Made in Italy.

Gli allevatori – spiega la Coldiretti regionale – stanno continuando a lavorare per garantire i rifornimenti di cibo nonostante le difficoltà. In un momento complicato come quello attuale serve la responsabilità da parte di tutta la filiera per evitare speculazioni e assicurare la tenuta dell’intero comparto, sostenendo la valorizzazione e il consumo dei prodotti italiani.

“I consumatori comprino salumi Dop, a partire dai prosciutti di Parma e San Daniele, e i trasformatori acquistino solo carne italiana – afferma Thomas Ronconi, allevatore di Marmirolo (Mantova) e presidente dell’Associazione Nazionale Allevatori Suini – Servirebbe poi un’azione di più ampio respiro, con l’attivazione di politiche di stoccaggio della carne e delle cosce fresche, sostenendo al tempo stesso piani per l’export delle grandi DOP” .

Con 4,3 milioni di maiali allevati, la Lombardia è leader nella suinicoltura italiana – conclude la Coldiretti Lombardia su dati regionali – La prima provincia per numero di capi allevati è Brescia (quasi 1,4 milioni) seguita da Mantova (oltre 1 milione) e Cremona (oltre 800 mila). A seguire Lodi (360 mila capi), Bergamo (circa 300 mila capi), Pavia (più di 240 mila capi), Milano (72 mila capi), Lecco (4 mila capi), Monza e Brianza (più di 3 mila capi), Como (più di 2 mila), Sondrio (1700), Varese (mille).

Foto di Bruno da Pixabay

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