Il 2 Novembre: lassù più di Uno ci ama

di Alberto Comuzzi – Sono 1020 anni che la Chiesa commemora i defunti il 2 Novembre. In realtà la commemorazione liturgica dei fedeli defunti appare già nel secolo IX,...

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di Alberto Comuzzi – Sono 1020 anni che la Chiesa commemora i defunti il 2 Novembre. In realtà la commemorazione liturgica dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti.

Come spiega nella testata online “Santie e Beati “ il francescano minore, padre Giovanni Lauriola, «Amalario Fortunato di Metz (770-850c), vescovo di Treviri (809), poneva già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei Santi che erano già in cielo. La festività, però, venne celebrata per la prima volta nel cristianesimo nel 998, per disposizione di Odilone di Mercoeur, abate di Cluny, che ordinò a tutti i monaci del suo Ordine cluniacense di fissare il 2 Novembre come giorno solenne per la “Commemorazione dei defunti”».

È una solennità, quella del 2 Novembre, che non può ridursi ad una semplice tradizione di pietà cristiana. Certo conforta deporre un fiore e recitare l’”Eterno riposo” davanti alla tomba di una persona cara, ma in quel gesto la Chiesa ci dice che ci può essere molto, molto di più se compiuto con fede consapevole.

Al capitolo VII della costituzione dogmatica Lumen Gentium si parla infatti di tre stadi ecclesiali del Corpo Mistico: «Fino a che, dunque, il Signore non verrà nella sua gloria, alcuni dei suoi discepoli saranno pellegrini sulla terra, altri passati da questa vita, stanno purificandosi, e altri godono della gloria contemplando chiaramente Dio uno e trino, Quale Egli è; tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo alla stessa carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria».

Si afferma anche la realtà della Comunione dei Santi e della loro intercessione a favore di quanti sono ancora pellegrini sulla terra: «Tutti, infatti, quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui. L’unione quindi dei pellegrini sulla terra con i fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali…offrendo i meriti acquistati sulla terra mediante Cristo Gesù, unico mediatore tra Dio e gli uomini».

Tutti, prima o poi, facciamo l’esperienza durissima della perdita di una persona amata. Che cosa ci conforta e come plachiamo il dolore di non poterla avere più accanto a noi? La certezza di riabbracciarla nell’aldilà, nel mondo dove gli spiriti finalmente vivranno lo stato di beatitudine, una volta purificati dalle inevitabili incrostazioni (leggi peccati) accumulate nel passaggio terreno.

Naturalmente tutto ciò ha senso per chi ha la fortuna di vivere nella dimensione della fede cristiana, mentre chi ne è estraneo liquida sbrigativamente tale modo di sentire come una credenza consolatoria priva di reale fondamento.

Ecco, sarà pure una “puerile consolazione”, ma è uno straordinario sollievo fidarsi del magistero della Chiesa che conferma la permanente comunione spirituale tra chi è ancora in stato di tribolazione sulla Terra (ma che può con preghiere e suffragi aiutare i propri cari defunti) e chi, in stato di beatitudine, invocato con sincera speranza, può aiutare ad alleviare un po’ di tribolazione a chi è ancora in questo mondo.

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