Summit di Samarcanda tra energia e l’aggressione all’Armenia

di Giuseppe Morabito – C’è l’accordo tra Russia e Turchia in base al quale Ankara pagherebbe il 25% delle proprie importazioni di gas in rubli. Lo ha dichiarato...

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di Giuseppe Morabito – C’è l’accordo tra Russia e Turchia in base al quale Ankara pagherebbe il 25% delle proprie importazioni di gas in rubli. Lo ha dichiarato il Presidente russo Putin dopo il meeting con il presidente turco Erdogan a Samarcanda in Uzbekistan, dove si è svolto l’incontro tra i leader dei Paesi della S.C.O. (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai).

La notizia è che la Turchia, intende stringere i propri rapporti economici con la Russia indipendentemente dalla sua appartenenza alla NATO e dall’aggressione russa all’Ucraina.

Ankara pagherebbe parte del gas con la propria valuta (attualmente la svalutazione della Lira turca rimane importante e l’economia turca in crisi), azione in netto contrasto con quella dell’EU che si è opposta alla richiesta di pagare il gas russo in rubli.

Quanto precede conferma che Erdogan pensa solamente agli interessi del suo paese, come quando si è impegnato nell’accordo per l’esportazione del grano che era bloccato nei porti ucraini ma era a bordo, in importante percentuale, di navi turche o di proprietà turca.

Erdogan si è, inoltre, più volte proposto come mediatore tra Putin e il presidente ucraino Zelensky, anche esprimendosi a favore della restituzione della Crimea all’Ucraina ma nel contempo ha comprato sistemi missilistici russi e venduto micidiali droni al Kiev.

Alla riunione dello S.C.O., che si dichiara come organizzazione intergovernativa per la mutua sicurezza e la cooperazione politica ed economica, oltre all’ospitante Uzbekistan erano presenti la Cina Popolare, Russia, Pakistan, India, Tagikistan, Kirghizistan e Kazakistan. La Turchia non ne fa parte ufficialmente, ma è considerata un “partner di dialogo”  dal 2013.

Nelle ore precedenti all’ evento di Samarcanda nel Caucaso nella notte tra lunedì e martedì la linea di confine tra Armenia e Azerbaijan si è riaperto (con decine di morti: 49 armeni e un numero imprecisato di azeri) il conflitto tra i due paesi. Erevan e Baku, le due capitali, si accusano reciprocamente di aver fatto la prima azione offensiva e si giustificano sostenendo di avere risposto a provocazioni.

Parrebbe però che gli azeri abbiano attaccato lanciando bombardamenti intensivi con artiglieria e armi di grosso calibro contro le postazioni militari delle città di Goris, Sotk e Jermuk utilizzando i micidiali droni turchi Bayraktar (gli stessi venduti da Erdogan all’Ucraina) e un “cessate il fuoco” concordato il giorno dopo gli scontri duri è stato più volte violato, e c’è a il rischio che la guerra riprenda trasformando lo storico contenzioso tra armeni e azeri in un altra minaccia per allargare il conflitto internazionale.

Quanto precede perché il premier armeno Nikol Pashinyan ha chiesto formalmente a Mosca di far scattare il soccorso militare previsto dall’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, un‘alleanza (simile a quella della NATO) che comprende i molti paesi collegati alla Russia, e ha chiesto l’intervento del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

A far salire la tensione e l’attenzione ci ha pensato un altro paese, il cui comportamento in ambito internazionale non lascia sereni, l’Iran, vicino di casa di entrambi i contendenti, che ha fatto sapere che non consentirà alcun cambiamento dei confini. Contemporaneamente il ministro della Difesa turco si è affrettato a dichiarare che Ankara continuerà a supportare i fratelli dell’Azerbaijan che “sono nel giusto”.

La Russia chiede di “dare prova di moderazione e rispettare un cessate il fuoco”, ma non è un caso che i combattimenti siano ripresi nei giorni in cui le forze armate russe sembrerebbero in difficoltà in Ucraina.

Impossibile ipotizzare che gli azeri abbiano aggredito gli armeni senza l’appoggio e l’approvazione di Erdogan che , come vuole far credere, sarebbe in primo piano per mediare la tregua tra Russia e Ucraina ma nella realtà sta ordinando di approfittare del fatto che i russi (vicini alla causa armena) stanno confrontandosi con un momento critico in Ucraina.

Comunque, come scritto precedentemente, è stata siglata una nuova dichiarazione di cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaijan.

Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia, ha recentemente dichiarato che: “Se non ci sarà una presa di posizione forte della comunità internazionale contro l’aggressione dell’Azerbaijan, può accadere di tutto e non c’è alcuna certezza che i combattimenti si fermino”.

Il problema, rispetto a quanto accaduto due anni fa, è che, stando alle fonti armene, le forze azere sono entrate nell’Armenia stessa, non nella solita enclave del Nagorno-Karabakh, piccola regione a maggioranza armena, ma che si trova all’interno dell’Azerbaijan e che da trent’anni è causa di conflitti.

L’Armenia, data la sua posizione geografica, appare un ostacolo all’espansionismo verso l’Asia centrale della Turchia ma non va sottovalutato che a luglio la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha firmato in Azerbaijan un accordo per aumentare la fornitura di gas azero all’Europa. Come noto l’Azerbaijan è ricchissimo di gas naturale ma, purtroppo, è governato da una dittatura supportata da Ankara dove sembrerebbe che la corruzione la faccia da padrona.

Comprensibile l’esigenza di sfuggire al ricatto russo sul gas ma si rischia di “cadere dalla padella nella brace” e vedere gli armeni essere vittime delle aggressioni degli azeri che si fanno forti per gli accordi geopolitici EU sul gas, così come i curdi lo sono dei turchi in conseguenza degli accordi per l’allargamento della NATO. I presidenti (a volte indicati come dittatori) azero e turco sono simili e alleati, trarre le conclusioni è persino facile perché al momento il “modus operandi” appare identico.

Oggi, come nel 2020 quando si era in piena crisi da virus proveniente dalla Cina Popolare, gli azeri hanno attaccato l’Armenia approfittando del fatto che le attenzioni della Russia, ma anche della comunità internazionale, sono interamente concentrate sull’Ucraina.

Questa è la politica turco-azera. Per l’ambasciatrice Hambardzumyan : “Certamente Erdogan ha in mente di ricreare l’Impero ottomano, il suo espansionismo va dal Nord Africa all’Iraq, passando per la Siria e ancora più verso oriente. Se si osserva una carta del Caucaso, si capisce tutto. La parte meridionale dell’Armenia a est confina con l’Azerbaijan e a ovest con la Turchia. Esiste una enclave dell’Azerbaijan in territorio armeno che ha un piccolo confine di 9 chilometri con la Turchia. Si tratta dell’unico confine che la Turchia ha con l’Azerbaijan. È evidente che l’Armenia rappresenta un ostacolo per Erdogan, che ha bisogno di occupare la parte meridionale del nostro Paese per unirsi all’Azerbaijan e da lì continuare la sua linea espansionistica verso l’Asia centrale”.

Come darle torto? È palese che da una parte ci sono interessi turchi e russi, e dall’altra l’Armenia risulta danneggiata dai rapporti estremamente tesi tra Occidente e Mosca.

Rimane il fatto che l’Azerbaijan è un partner importante per l’Europa dal punto di vista energetico e che con l’approssimarsi dell’inverno sarà necessario scendere a compromessi, ma anche in Italia tutte le forze politiche, anche se impegnate nella campagna elettorale, hanno criticato duramente l’aggressione armata e chiesto di fermare immediatamente l’attacco.

Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation

Foto di LoggaWiggler da Pixabay 

 

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