Primo stop al sultano di Ankara

di Giuseppe Morabito – Dopo l’annunciato vertice del 5 Marzo, giovedì, la Turchia e la Russia hanno confermato un cessate il fuoco a Idlib, l’ultima enclave dell’opposizione al...

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di Giuseppe Morabito – Dopo l’annunciato vertice del 5 Marzo, giovedì, la Turchia e la Russia hanno confermato un cessate il fuoco a Idlib, l’ultima enclave dell’opposizione al governo della Siria, accettando, tra l’altro, di stabilire un corridoio di sicurezza con pattuglie di controllo composte di personale di entrambi i paesi. L’annuncio è arrivato dopo un incontro di quasi sei ore tra i leader dei due paesi a Mosca.

Il cessate il fuoco è iniziato a mezzanotte ora locale e congela una parziale vittoria militare del Presidente Assad e dell’ esercito regolare siriano, che a seguito delle assurde decisioni in materia di Ankara ha visto nascere ore una grave crisi umanitaria tra le popolazioni che sono state testimoni dell’ultima escalation nella guerra civile siriana.

Il corridoio di sicurezza sarà a sei chilometri (3,7 miglia) a nord e a sud dell’autostrada M4 strategica che attraversa la provincia di Idlib. Al momento è stato concordato che sia la Turchia sia la Russia inizieranno a svolgere pattuglie congiunte lungo l’autostrada il 15 Marzo, ma non è chiaro quale e se verrà implementato un meccanismo per far rispettare il cessate il fuoco. «In questo processo, la Turchia si riserva il diritto di rispondere a qualsiasi attacco del regime, ovunque e con piena forza», ha dichiarato il presidente turco Erdogan in una conferenza stampa dopo il vertice. «Fino a quando non vi sarà una pace duratura nella crisi siriana che garantisca l’integrità territoriale e l’unità politica del Paese, la Turchia è impegnata a proseguire tutte le sue iniziative», ha aggiunto il sultano di Ankara.

I precedenti negoziati tra la Russia e la Turchia ad Astana nel 2017 e Sochi nel 2018, hanno portato alla creazione della cosiddetta zona di de-escalation Idlib e alla designazione di alcune aree in zone demilitarizzate. Ma dopo una serie di cessate il fuoco, il governo siriano, che è sostenuto dalla Russia, ha lanciato una massiccia offensiva contro l’ultima enclave dell’opposizione. In risposta, la Turchia ha aumentato il suo strumento militare e ha inviato rinforzi nell’area. La settimana scorsa un attacco siriano ha ucciso almeno 33 soldati turchi.

Dopo di questo sono stati coinvolti nei combattimenti, sia terrestri sia condotti con forze aeree, diverse centinaia di persone. Le popolazioni siriane dell’area che, ricordo, avevano in gran parte appoggiato le forze di opposizione a presidente Assad, sono ora coinvolte in una corsa disperata per sopravvivere all’offensiva delle forze regolari siriane.

Una serie di ” double tap airstrike” (un termine, usato per attacchi aerei nello stesso posto in un breve periodo, inteso a massimizzare le vittime, inclusi i primi soccorritori) pare siano stati condotti de forse russo/siriane nell’area.

Come precedentemente indicato, nelle ultime ore, l’offensiva del governo siriano nell’area ha scatenato una crisi umanitaria. Le Nazioni Unite hanno stimato il mese scorso che 950.000 persone sono fuggite dai territori teatro degli scontri dall’inizio di dicembre. La maggior parte di loro sono le donne e bambini, in parte appartenenti alle famiglie dei combattenti, ha affermato l’ONU.

L’esodo di massa dalla regione sta portando a uno scontro tra Grecia e Turchia sull’immigrazione incontrollata verso l’Europa, perché migliaia di migranti sono stati accompagnati e spinti con la forza dalle forze armate turche al confine tra i due paesi e al confine con la Bulgaria.

In questa particolare contingenza,  sarebbe da aspettarsi un intervento dell’Alleanza Atlantica quale luogo per negoziare tra la Turchia e gli altri paesi NATO (Grecia e Bulgaria) verso i quali sono spinti i migranti. Tutto tace come tutto tace (o quasi) quando Erdogan invia truppe mercenari turcomanni e composte di ex-terroristi Daesh in Libia, non rispetta la Convenzione di Ginevra nelle tristemente famose operazioni di pulizia etnica dei Curdi (L’Europa aveva già perso la sua attendibilità quando, lo scorso anno, è rimasta in silenzio davanti all’ invasione del Rojava (Siria) e al massacro dei curdi), blocca le trivellazioni nelle acque territoriali cipriote a ENI e Total.

Inoltre, in violazione a tutti gli accordi in precedenza presi la già citata decisione della scorsa settimana del governo turco che ha iniziato a consentire ai rifugiati di tentare di attraversare il confine verso l’Europa è stata accompagnata dalla subdola affermazione di aver “raggiunto il limite della sua capacità” di trattenerli”. Come noto la Grecia ha rifiutato di aprire il suo confine e sta giustamente reagendo con decisione all’afflusso delle masse di persone che senza paura di smentita possono avere al loro interno gli ex combattenti jihadisti che si fanno scudo delle loro famiglie e di altri elementi non ex combattenti.
Sono ora d’obbligo alcune considerazioni.

Per prima, il fatto che quello raggiunto il 5 Marzo resta un accordo a grande livello d’incertezza, non solo perché non tocca un punto fondamentale stabilito a Sochi, in altre parole l’impegno della Turchia a separare i ribelli “moderati” dai gruppi jihadisti (questi ultimi continuano a essere egemoni ovunque nell’area di Idlib) ma soprattutto perché sia per Ankara sia per Mosca il controllo dell’area strategica di Idlib è fondamentale. Erdogan a costo di aver già arruolato nelle sue forze ex tagliagole ISIS e rappresentanti dei movimenti islamisti come l’ex Fronte al-Nusra, emanazione locale di al-Qaeda) è deciso a mantenere il controllo di parte del territorio siriano per avere voce in capitolo sul futuro assetto del Paese.

Putin al tempo stesso vuole accelerare la stabilizzazione della Siria per ridurre il suo costoso impegno bellico in teatro anche in considerazione del fatto che quello che è sopravvissuto degli oppositori jihadisti a Idlib resta troppo vicino ai centri nevralgici del Paese (Aleppo, la fascia costiera dove sono le basi navali e aeree sotto controllo di Mosca strategiche per il controllo del Mediterraneo) e potrebbe comunque, continuando o passando a una forma di guerriglia, creare problemi a venire nell’area.

La seconda considerazione riguarda l’atteggiamento concretamente ostile che la Turchia di Erdogan ha assunto nei confronti della Grecia, in primis, e di tutti i paesi UE (in gran parte anche membri della NATO) utilizzando masse di disperati come arma per violarne i confini.

Riprendendo quanto già indicato in queste ore dal Generale Ligobbi (uno dei massimi esperti di strategia e relazioni tra paesi NATO) si possono indicare i vari motivi, tra loro interconnessi, di quest’ostilità’, tra cui:  la radicata ostilità di Erdogan nei confronti di un UE che, per fortuna, gli sbarra le porte ufficiali, anche se ha continuato. per anni a sostenere il suo “operato umanitario: cedendo sempre arrendevolmente ai suoi ricatti;

l’esigenza di ottenere una facile vittoria contro un’UE, che ritiene essere imbelle, per compensare, di fronte alla propria pubblica opinione, l’andamento ben poco entusiasmante delle operazioni in Siria, che stanno comportando livelli di perdite non preventivati;

l’atavica inimicizia con la Grecia, corroborata dal fatto che la Grecia sia stata l’unica nazione a porre il veto a una dichiarazione. di supporto (morale) della NATO alla Turchia in relazione alla sua guerra coloniale in Siria (al riguardo Ligobbi ritiene che “ci sarebbe da vergognarsi che sia stata solo la Grecia a porre il veto”).

In conclusione, la posizione greca e bulgara supportata da azioni ferme decise è comprensibile. I due paesi non sono ancora nell’occhio del ciclone di Covid 19 ma al contempo non si possono permettere una valanga umanitaria incontrollata e incontrollabile.

L’errore non è oggi ma quello iniziale dell’Europa è stato quell’accordo (2016) con il dittatore turco, Erdogan, al quale sono stati regalati almeno sei miliardi di euro per trattenere i rifugiati, in buona parte siriani in fuga dal conflitto interno.

Erdogan, non va mai dimenticato, li ha trattenuti nei campi profughi per quattro anni e solo in conseguenza dell’attacco di Idlib quando si è trovato a fare i conti con un altro milione di siriani in fuga, per allentare l’enorme pressione interna e per ricattare l’UE al fine di ottenere altri tre miliardi di euro con una dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, di cinismo, sta costringendo circa centomila rifugiati a ridosso alle frontiere dell’Europa.

In merito la settimana scorsa la presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, ha dichiarato che “La Grecia è lo scudo dell’Europa,” ed ha offerto ad Atene navi e aerei e settecento milioni di euro per salvare il salvabile anche in considerazione che , comunque, nel 2019, secondo i dati dell’ONU, circa 74.613 rifugiati e migranti sono già arrivati in Europa attraversando il confine con la Grecia, in particolare quello marittimo.

Difficile oggi fare una previsione su cosa sta per avvenire con i governi europei concentrati a difendersi da Covid 19 e le opinioni pubbliche in ansia, ma il “Covid 20 di Ankara” potrebbe fare altrettanti danni al Vecchio Continente…se non si organizza per difendersi.

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