di Gabriella Stucchi – L’autore, Jean Druel, domenicano francese, direttore di IDÉO, Istituto domenicano di studi orientali con sede al Cairo, si propone di aiutare persone che vorrebbero dialogare con altri, credenti o non credenti.
L’autore inizia col chiarire che ci sono diversi modi di parlarsi: quello polemico, con attacchi personali, dimostrazioni erudite per mettere in risalto gli errori dell’altro.
Il secondo è il proselitismo, proprio di chi cerca di convertire o coinvolgere altri individui alla propria religione o dottrina, convinto che il suo modo di vedere sia migliore di quello dell’altro. Un altro modo di parlarsi consiste nel ricorrere al discorso identitario, in cui ciascuno difende posizioni di principio.
La forma che l’autore predilige è il dialogo, che risulta tanto più vivo quanto più gli interlocutori sono vicini, amici, capaci di ascoltarsi e prendersi sul serio l’un l’altro.
Passando poi al dialogo interreligioso, l’autore specifica che ci sono diversi tipi di enunciati: quelli scientifici, che raggruppano fatti storici, verificabili da ciascuno (ad esempio la scoperta di un nuovo manoscritto). Negli enunciati dogmatici la verità è riconosciuta da istituzioni religiose o scientifiche, movimenti filosofici o politici.
Sono per lo più trasmessi di generazione in generazione (ad esempio nel cristianesimo il dogma dell’incarnazione richiede la fede. Così per il dogma musulmano della profezia di Maometto). Gli enunciati sentimentali sono personali e soggettivi; quelli simbolici, culturali, letterari e poetici, sono condivisi da parecchie persone e sono prodotti anche dalle religioni.
Attraverso molti esempi l’autore mostra come nel dialogo interreligioso sia molto importante non mescolare i tipi di enunciati, consapevoli che poi ciascuno è libero di ricomporre ciò che sa, che crede e che sente. Invece spesso avviene che siamo tentati di forzare le cose e di mettere alle strette l’altro, desiderosi di imporre il nostro punto di vista. Ad esempio, è vano cercare di convincere un musulmano sul dogma dell’Immacolata Concezione; ci si può al massimo scambiare delle conoscenze, ma non dibattere. Il dialogo interreligioso può tuttavia suscitare delle domande interiori.
Questo può avvenire per un’immagine, ad esempio la rappresentazione di Cristo crocifisso: oltre il valore dell’opera, la storia del suo autore, è importante interrogarsi su ciò che l’opera può evocare in noi stessi, quali interrogativi ci pone. Così si inizia un dialogo interiore. É utile pensare che i simboli e le immagini hanno radici profonde nella cultura, nella storia e possono toccarci interiormente.
Nel dialogo interreligioso si presuppone che anche l’altro, pur partendo da dogmi diversi dai nostri, ha la stessa capacità di riflettere, per cui può esaminare i principi religiosi per estrarne il significato. Questo presuppone però che, pur non sapendo nulla della religione dell’altro, si conosca bene la propria tradizione, i propri dogmi, la propria storia. Allora ci si può impegnare in un dialogo con l’altro, per approfondire le proprie conoscenze. Il dialogo interreligioso è fatto molto più di studio e di ascolto che di parola e di dibattito. La testimonianza personale è necessaria, ma non sufficiente: può essere una prima tappa per rompere il ghiaccio. L’amicizia è essenziale per il dialogo, che la fa crescere.
L’autore sottolinea poi che il dialogo non permette di risolvere tutti i problemi, ma solo di esplicitare le prese di posizione, le intenzioni, i sistemi di valori. Il dialogo vero rivela ciò che ciascuno ha nel cuore, permette a ciascuno di ampliare la propria visione del mondo.
Nel libro l’autore ci presenta un “avvio al dialogo interreligioso”, con passaggi a volte anche ironici, ma sempre illuminati dal desiderio di aiutare a realizzare questo processo, non facile, ma utile per capirsi e crescere reciprocamente.
Jean Druel “Cercare di capirsi” – Queriniana – euro10.00
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