Crisi della democrazia, occorre ripartire dal basso

di Giulio Boscagli – La riflessione sullo stato della democrazia (o meglio delle democrazie visto che il problema è diffuso in tutti i Paesi democratici) si arricchirà a...

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di Giulio Boscagli – La riflessione sullo stato della democrazia (o meglio delle democrazie visto che il problema è diffuso in tutti i Paesi democratici) si arricchirà a breve della riflessione di Charles Taylor (lo studioso autore tra l’altro di una profonda analisi del fenomeno della secolarizzazione) e altri collaboratori.

Il volume “Una nuova democrazia: come i cittadini possono ricostruirla dal basso” è annunciato per il prossimo mese di Gennaio ma nel frattempo “Vita e Pensiero”, la rivista dell’Università Cattolica, ha anticipato il primo capitolo del testo poi ripreso anche dal quotidiano “Domani” con il titolo “La democrazia logorata va ricostruita dal basso”.

Titolo intrigante ma ancora di più lo è il testo del filosofo, cattolico canadese, protagonista anche di un intervento a tre voci al recente Meeting di Rimini assieme al presidente della fraternità di Comunione e Liberazione, Julian Carron, e all’ex primate anglicano Rowan Williams.

L’anticipazione di cui possiamo disporre, infatti, parte dalla constatazione che nelle crisi «la ricostruzione delle democrazie deve cominciare dal basso. Questo significa cambiare il modo in cui le comunità locali rispondono ai problemi e ai disagi».

In un recente intervento avevamo segnalato l’importanza di valorizzare il ruolo delle amministrazioni comunali, una dimensione in cui la politica sembra non essersi ancora del tutto inaridita. Taylor amplia questo pensiero indicando un ruolo attivo per le comunità locali («camere di commercio, chiese, associazioni locali o semplicemente persone che vogliono prendere parte attiva») che dovrebbero tornare protagoniste del proprio futuro.

Taylor commenta il tema della ripresa di alcune zone, negli USA e in Germania, pesantemente colpite dalla deindustrializzazione dovuta alla chiusura di miniere e acciaierie pesanti; su questo non ci addentriamo in attesa di leggere l’intero volume, riprendiamo solo una preziosa osservazione che ha un carattere di universalità.

Riferendosi a quei territori in profonda crisi lo studioso afferma: «Le risorse e le competenze di cui ci riferiamo fanno parte piuttosto del capitale sociale o della cultura. Industrie come quella del carbone e dell’acciaio, o quella manifatturiera, hanno dato forma non solo alle competenze e al reddito di grosse parti della popolazione, ma anche alla cultura della regione, ad esempio all’immagine dominante di che cosa significa essere un lavoratore o prendersi cura della propria famiglia.

Con la deindustrializzazione queste comunità hanno anche parzialmente perso, tra le altre cose, l’autostima e il senso del proprio valore a livello sia individuale che collettivo (…) hanno smarrito il senso dell’efficacia politica».

L’osservazione è utile anche per la nostra situazione.

Non c’è dubbio, infatti, che anche da noi il senso dell’efficacia politica sia piuttosto in ribasso. Lo si può desumere sia dalla crescente disaffezione elettorale sia dall’instabilità del consenso per le avventure populistiche, come il grillismo. Alle risposte populiste è mancata la capacità di dare voce alla realtà vera dei territori, alla loro cultura profonda, quella a cui accenna Taylor; d’altra parte la sinistra politica continua invece a riferirsi a un’ideologia (vecchia o nuova che sia) piuttosto che ai bisogni reali delle persone.

Così la democrazia si logora e, per paradosso, i suoi meccanismi (come il sistema elettorale) possono essere utilizzati anche per sostenere regimi illiberali o addirittura dittatoriali. Vedi come esempio le elezioni in Venezuela o in Bielorussia.

Il presidente americano Biden sembra essersi accorto del problema e dell’impossibilità di esportare democrazia con le armi: il vergognoso abbandono dell’Afghanistan ne è una dimostrazione palese. Così ha convocato un summit telematico per fine mese invitando un centinaio di Paesi.

Occorre guardare positivamente a tentativi come questo senza mai abbandonare una punta di scetticismo o almeno di distacco critico.

Come la storia ha abbondantemente dimostrato, la democrazia (cioè il governo del popolo) non si salva se il popolo è solo uno spettatore del processo e non si trova realmente coinvolto con le sue esigenze, i suoi bisogni e la possibilità di rappresentarli su uno scenario politico adeguato.

Qui sta uno dei temi del prossimo futuro. Al tempo della globalizzazione dell’economia, del dominio dei grandi monopoli dell’informazione social in grado di condizionare le opinioni in Paesi interi, quale spazio per il popolo reale?

“«La riduzione della politica a spettacolo o a pura immagine è un fenomeno che promuove personaggi privi di contenuto e di proposte, senza capacità di gestione né soluzioni per affrontare situazioni complesse come quelle che si trovano a vivere le società contemporanee». Così parlava Bergoglio nel 2010 in occasione del bicentenario dell’indipendenza argentina.

Quello che l’allora cardinale diceva in riferimento all’Argentina è oggi valido anche per i nostri Paesi europei e, in genere, occidentali.

È evidente il tentativo da parte di élites, forti sul piano dell’immagine e delle risorse finanziarie, di condizionare la cultura dei popoli sia sul piano dei cosiddetti nuovi diritti sia su quello di una revisione storica così che l’occidente «non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere».

Sono parole di Ratzinger prima di diventare papa che lucidamente anticipano quello che oggi è sempre più sotto i nostri occhi.

Ricostituire il popolo («se ci fosse un’educazione del popolo tutti starebbero meglio», Giussani nel 2003 dopo la strage di Nassirya) è oggi il compito più urgente perché si possa rinnovare anche la democrazia.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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