Andiamo verso una società senza Dio

di Giulio Boscagli – In occasione del settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, la rivista tedesca Herder Korrispondenz ha intervistato Benedetto XVI. Come sempre le riflessioni del Papa...

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di Giulio Boscagli – In occasione del settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, la rivista tedesca Herder Korrispondenz ha intervistato Benedetto XVI.

Come sempre le riflessioni del Papa emerito non sono passate inosservate anche se, come sempre anche questo, ogni commentatore ha estratto dall’intervista quello che serviva a sostenere le proprie tesi nel dibattito in corso nella Chiesa.

Così qualcuno le ha associate ai problemi della Chiesa negli USA, altri a quelli della chiesa tedesca. Altri ancora se la sono presa con i difensori della dottrina e altri invece con l’eccessivo cedimento a logiche mondane.

Paradossale il vaticanista de “la Repubblica” che definisce l’intervento di Ratzinger «il ruggito del Papa emerito», quando è piuttosto evidente che se c’è un uomo, un sacerdote e vescovo, un pontefice al quale meno si addice un intervento “leonino” questi è proprio Ratzinger, il cui argomentare è da sempre improntato a un ragionare tanto preciso nelle affermazioni quanto discreto e umile nell’espressione.

L’intervento di Benedetto rompe gli schemi interpretativi perché mette in primo piano la questione della testimonianza della fede da parte di ogni credente: una testimonianza che non può essere accantonata in nome di un riferimento “alla pura dottrina”, o garantita dal semplice esercizio di una qualche funzione ecclesiastica.

È la stessa identica logica che aveva ispirato il suo intervento sullo scandalo della pedofilia, rilevatasi diffusa anche tra ecclesiastici. Anche in quell’occasione aveva ricordato che queste degenerazioni sono innanzitutto dovute alla mancanza di fede o a una fede non pienamente posseduta e vissuta. E con l’occasione non aveva mancato di rilevare l’influsso degli eventi provocati dalle vicende del Sessantotto e dalla cultura conseguente che avevano contestato e rapidamente offuscato, anche tra clero e laici cattolici, una morale generata dal cristianesimo e largamente, fino a quegli anni, condivisa nella società.

Questa intervista potrebbe essere di grande aiuto per superare una divisione che sembra acuirsi anche dentro la Chiesa italiana: quella tra chi si accampa a strenuo difensore della dottrina ricevuta dalla tradizione e chi chiede alla chiesa di adeguarsi alle richieste che il mondo avanza in continuazione.

C’è un fatto: il cristianesimo si diffonde da cuore a cuore, come insegnava il santo cardinale Newman, più volte ripreso da Ratzinger che lo ha innalzato agli altari, nonché da don Luigi Giussani e da tutti i maestri del cattolicesimo che hanno costruito una storia millenaria capace di portare Cristo vivo fino a noi.

Occorre oggi la consapevolezza che la sfida alla fede cristiana è radicale: ”La società occidentale è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più niente da dire. E per questo è una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano”, così Benedetto nel suo intervento sulla pedofilia.

Il tentativo di togliere Dio dalla vita in comune che diverse ideologie perseguono da un paio di secoli sembra essere giunto a un crinale particolare. Così almeno suggerisce uno studioso come Sergio Belardinelli che è intervenuto recentemente in un dibattito innescato da alcuni libri sulla Chiesa di oggi, usciti recentemente a firma di personalità del cattolicesimo italiano quali Andrea Riccardi fondatore di sant’Egidio e Giuseppe, de Rita del Censis.

Dice Belardinelli “quello che ha colpito anche me è la scarsa attenzione riservata in entrambi i libri a quella che per la Chiesa e per il mondo contemporaneo continua ad essere la sfida delle sfide: la questione antropologica.(…) siamo di fronte a una vera e propria “rivoluzione in ordine al modo di intendere il nascere, il generare, il morire, il libero arbitrio, che poco ha a che fare con il modello che troviamo nella Bibbia.

Non è più soltanto questione di aborto, eutanasia o procreazione artificiale, ma è la specificità stessa della natura umana, il suo primato sugli esseri viventi e quindi il posto che l’uomo occupa in questo mondo a essere messi seriamente in discussione.”

Per affrontare la portata di questa sfida possiamo disporre del ricco insegnamento che Joseph Ratzinger – da teologo, vescovo e pontefice – ha donato alla Chiesa cattolica e che non è venuto meno neppure con l’avanzare dell’età e l’indebolimento delle forze.

Benedetto richiama con forza ad amare la Chiesa quale essa è, con i limiti e la santità che in essa coesistono “l’idea di una chiesa migliore creata da noi stessi è in verità una proposta del diavolo con la quale vuole allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale caschiamo sin troppo facilmente”.

E ancora “Fra i compiti grandi e fondamentali del nostro annuncio, c’è, nel limite delle nostre possibilità, il creare spazi di vita per la fede, e soprattutto trovarli e riconoscerli…Vedere e trovare la chiesa viva è un compito meraviglioso che rafforza noi stessi e che sempre di nuovo ci fa essere lieti della fede”.

A chi si interroga con positiva preoccupazione sulla irrilevanza dei cattolici nella vita politica italiana si offre di accettare la sfida del tempo presente con la riscoperta del senso, del valore e della bellezza del vivere dentro la ricchezza della comunità cristiana.

Foto di Günther Simmermacher da Pixabay

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