Patologie epatiche, il San Gerardo allo studio su nuovi farmaci

Uno studio frutto della collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e l’Università degli Studi di Padova, a cui hanno partecipato anche la Divisione di Gastroenterologia...

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Uno studio frutto della collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e l’Università degli Studi di Padova, a cui hanno partecipato anche la Divisione di Gastroenterologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza e l’Università di Milano-Bicocca, e il Pharmazentrum presso la Goethe University Hospital di Francoforte, ha mostrato che, in un modello animale di epatite autoimmune, l’incorporazione dello steroide dexametasone in nanovettori biocompatibili e biodegradabili (ANANAS), ne riduce la tossicità e ne potenzia l’effetto terapeutico.

I risultati emersi da questo studio sono di grande interesse per la possibilità di effettuare trattamenti in pazienti con epatite autoimmune, riducendo al massimo il rischio di effetti collaterali. L’uso di nanosteroidi potrebbe essere applicato in altre patologie infiammatorie del fegato.

“La tendenza dei nanovettori ad accumularsi nel fegato – spiega Paolo Bigini, Responsabile dell’Unità di Nanobiologia presso l’Istituto Mario Negri – è spesso considerato un limite per lo sviluppo di nanofarmaci. Noi, al contrario sfruttiamo questa caratteristica per potenziare il trasporto epatico di un cortisonico, riducendone contemporaneamente l’accumulo in altri organi. La scelta di testare il nostro nanocomposto nel modello di epatite autoimmune, suggeritaci da Pietro Invernizzi, Professore di Gastroenterologia dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore dell’Unità Complessa di Gastroenterologia e Centro per le Malattie Autoimmuni del fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza, si è rilevata estremamente appropriata e promettente”.

“È però importante sottolineare – sostiene Mario Salmona, Responsabile del Dipartimento di Biochimica e Farmacologia Molecolare presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS – che l’evidenza di un tropismo epatico è condizione necessaria ma non sufficiente per sviluppare un nanovettore a uso terapeutico. Parametri quali la stabilità in circolo, la bassa immunogenicità e la capacità di rilasciare il farmaco solo sul bersaglio patologico, sono stati infatti tenuti in grande considerazione nel nostro progetto di ricerca”.

“In questo contesto, le ANANAS che sviluppiamo e caratterizziamo nel nostro laboratorio – commenta Margherita Morpurgo dell’Università di Padova – soddisfano tutte queste caratteristiche e possono essere prese in seria considerazione per pensare allo sviluppo clinico”.

“Da ricercatore e da clinico – conclude Pietro Invernizzi – ritengo estremamente promettente il lavoro svolto. Il trattamento di infiammazioni epatiche è molto delicato e l’utilizzo di strategie alternative, come ad esempio le nanotecnologie, credo potrà migliorare la qualità della vita di molti pazienti”.

Questo innovativo sistema di rilascio, messo a punto dai firmatari dello studio, ha ricevuto diversi riconoscimenti e attestati di interesse tra cui il premio nella seconda edizione di Open Accelerator, promosso da Zambon Group, per la produzione di nanovettori a uso clinico, e il finanziamento di un progetto, da parte del Ministero della Salute, per valutare l’effetto di nanosteroidi su un modello di infiammazione primaria delle vie biliari.

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