L’Italia orfana della DC recuperi i suoi valori

di Alberto Comuzzi – Con quell’acume che non si può non riconoscergli, Giulio Boscagli, nell’editoriale di venerdì 9 Aprile su ResegoneOnline, ha spiegato come la storia della Democrazia...

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di Alberto Comuzzi – Con quell’acume che non si può non riconoscergli, Giulio Boscagli, nell’editoriale di venerdì 9 Aprile su ResegoneOnline, ha spiegato come la storia della Democrazia cristiana sia definitivamente chiusa con l’avvento di Enrico Letta alla segreteria del Pd.

Boscagli, quando affronta ragionamenti di politica, oltre che misurato nell’esposizione come è nel suo stile, parla con cognizione di causa perché si basa sulla propria lunga esperienza, oltre che sulla conoscenza dei fatti (molti vissuti in prima persona).

«Con la nomina di Enrico Letta, un tempo giovane enfant prodige della Democrazia cristiana», è il passaggio fondamentale dell’editoriale citato, «ritengo che quella storia sia definitivamente terminata. A differenza del nostro Manzoni che andò a risciacquare i panni in Arno per favorire la più ampia coesione linguistica (e quindi sociale) di un Paese in via di unificazione politica, Enrico Letta ha risciacquato i suoi panni politici nelle acque della Senna, anzi in quell’istituto di scienze politiche (il mitico SciencePo) che è uno dei centri di studio alla moda, in cui le teorie più in voga trovano spazio e diffusione soprattutto tra le élite che occupano in Europa la maggior parte dei centri di potere non solo mediatico.

Ne abbiamo avuto un esempio quando nella trasmissione de La7, “Di Martedì”, Letta ha potuto affermare “quando parlo della legge Zan, parlo di cose che porterebbero il nostro Paese nel futuro, ci toglierebbero dal Medio Evo”».

È un dato di fatto oggettivo che, dopo la frantumazione della Dc e del Partito socialista a seguito di Tangentopoli agli inizi degli Anni Novanta del secolo scorso, i cattolici impegnati in politica andarono ad ingrossare le file di Forza Italia (quelli che si sentivano alternativi al Partito comunista) e dei progressisti (tutti gli altri).

Certo ci fu l’esperienza del Partito popolare (1994-2000), ma che confluì poi nella Margherita per sciogliersi definitivamente nell’Ulivo creato da Romano Prodi e Rosy Bindi dando vita alla stagione di quei “cattolici adulti nella fede”, cioè i cattocomunisti, che tuttora si vantano di essere gli alfieri del Partito democratico.

In nome della real politik (tradotto: teniamoci il potere a qualunque costo e quindi, pur di non perderlo, siamo disposti a rinunciare ai nostri valori originali) i cattocomunisti hanno consentito che l’area progressista in cui si sono schierati proseguisse nel suo cammino di disgregazione etica della società assecondando la protervia di movimenti come lgbt (lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), che se hanno diritto ad essere pienamente rispettati, come ogni essere umano, del resto, devono altrettanto prendere atto di essere minoranza.

Ma dove s’è mai visto che una minoranza, spesso con atteggiamenti sguaiati e provocatori, imponga la propria concezione o stile di vita alla maggioranza? Ai cattolici adulti nella fede appare normale che due persone dello stesso sesso (maschi) affittino un utero per avere un figlio?

Cioè venga a loro concesso il diritto alla paternità (acquisita con ogni mezzo), senza minimamente tutelare il diritto del nascituro ad avere una mamma (femmina) e un papà (maschio)? Non è che tutto deve essere permesso – e quindi concesso – perché viviamo in un Paese democratico che considera le libertà una conquista irrinunciabile. Si sente l’assenza nella vita pubblica dei valori di cui sono portatori i cattolici.

Bisogna cominciare a gridare dai tetti che oscurantisti e retrogradi sono coloro che, contestando beceramente il diritto naturale, complottano per confondere le persone semplici dicendo loro, per esempio, che i generi sono una questione culturale e non costitutivi della natura stessa dell’uomo. È giunta l’ora di radunare i credenti e di rimettere in pista dei comitati civici capaci d’interrogare coloro che chiedono il voto per verificare se sono disponibili a progettare una società a misura d’uomo, come insegna la Dottrina sociale cristiana.

A questo proposito esiste un eccellente documento, una specie di decalogo, stilato da monsignor Giampaolo Crepaldi, 73 anni, arcivescovo di Trieste dal 2009, fondatore e presidente dell’Osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuán” sulla dottrina sociale della Chiesa.

Ecco, prima di votarli, basterebbe interpellare i candidati alla Camera e al Senato, alle Regioni e ai Comuni per chiedere a loro se sono disposti ad osservare questi dieci punti: «difesa della vita; la protezione e valorizzazione della famiglia; la libertà delle famiglie di educare i figli; promuovere il diritto alla libertà religiosa; il lavoro e la lotta sussidiaria alla povertà; la riforma dello Stato in vista del bene comune; le immigrazioni e la società del futuro; la gestione responsabile dell’ambiente; l’Europa e la sua identità; la nazione e lo sviluppo dei popoli». Potrebbe essere un ottimo punto di partenza per riproporre anche la questione etica nel nostro Paese.

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