Il martirio cristiano non appartiene solo al passato

di Giulio Boscagli – In questi giorni che seguono il Natale la Chiesa ci fa celebrare in successione la festa dei santi innocenti (i bambini fatti uccidere da Erode...

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di Giulio Boscagli – In questi giorni che seguono il Natale la Chiesa ci fa celebrare in successione la festa dei santi innocenti (i bambini fatti uccidere da Erode nel vano tentativo di colpire anche il bambino Gesù) e quella di Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury ucciso sull’altare da emissari del re. Episodi tra loro lontani più di un millennio che tuttavia inducono una medesima riflessione.

Innanzitutto siamo costretti a prendere atto che la testimonianza del martirio non appartiene solo al passato, ci sono ancora oggi tanti paesi nel mondo in cui i cristiani sono perseguitati, in cui non è stato possibile celebrare il Natale perché nessuna testimonianza cristiana può avvenire pubblicamente; in altri, come la Nigeria, la partecipazione ai riti liturgici espone continuamente al rischio della propria vita.

Nel ricostruire il dramma di Becket il poeta Thomas Eliot fa dire all’arcivescovo, nella predica della notte di Natale: ”Voglio soltanto che consideriate e meditiate il profondo significato e il mistero delle nostre Messe del giorno di Natale. In questo medesimo momento, unico in tutto l’anno, noi celebriamo insieme la Nascita di Nostro Signore e la Sua Passione e Morte sulla Croce. Nel giorno seguente celebriamo il martirio del Suo primo martire, il beato Stefano.

Credete che sia per caso che il giorno del primo martire segua immediatamente il giorno della Nascita di Cristo? Certamente no. Un martirio cristiano non è mai un caso. Un martirio non è mai un disegno d’uomo; poiché vero martire è colui che è divenuto strumento di Dio, che ha perduto la sua volontà nella volontà di Dio; non perduta ma trovata, poiché ha trovato la libertà nella sottomissione a Dio”.

Ma c’è un’ulteriore riflessione che viene da questi martirii. È il potere che arma le mani omicide. E’ quel potere che non accetta di essere sottoposto a un giudizio più alto.

Per meglio comprendere questo utilizziamo una riflessione di Benedetto XVI: “Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio.

Non ad un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr Gv 13, 1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più.”

Sono parole con cui Benedetto rifletteva sulle priorità del suo pontificato e che costituiscono una messa in guardia nei confronti della presunzione di costruire un mondo senza Dio.

Se Dio non esiste, tutto è permesso, ammoniva Dostoevskij più di un secolo fa attraverso le parole di Ivan Karamazov, e questa terribile affermazione sembra avverarsi nel tempo che viviamo: guerre e violenza, autoritarismi, disprezzo della dignità di ogni persona e perfino il tentativo di sostituirsi al creatore con le manipolazioni genetiche e il rifiuto della propria natura.

Ma il bambino Gesù nasce anche oggi; nella drammaticità di tante situazioni cresce e resiste la fede umile di donne e uomini che come i Magi rendono onore al Signore della vita; questa la speranza affidabile con cui possiamo affrontare le sfide di ogni giorno.

Foto di Pete Linforth da Pixabay

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