Guerra in Ucraina, accordo in vista?

di Giuseppe Morabito – La guerra in Ucraina ha fatto seguito al crollo bancario e finanziario del 2008-10, alla crisi del debito dell’Eurozona del 2010-11, alla crisi dell’immigrazione...

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di Giuseppe Morabito – La guerra in Ucraina ha fatto seguito al crollo bancario e finanziario del 2008-10, alla crisi del debito dell’Eurozona del 2010-11, alla crisi dell’immigrazione del 2015, alla Brexit del 2016 e alla crisi COVID iniziata nel 2020.

La guerra ha quindi agito come un acceleratore del cambiamento geopolitico già in atto che a lungo i governi in Europa si sono rifiutati di affrontare. Il susseguirsi delle crisi ha mandato in frantumi la fiducia strategica europea.

Per gli analisti economici il conflitto in atto ha ridimensionato la voglia di progresso dei consumatori dell’Occidente su cui è stata fondata la globalizzazione alimentata dalla Cina Popolare e dalla Russia e che ha rafforzato l’influenza economica di entrambe le dittature.

L’eredità di questa guerra non solo durerà a lungo, ma probabilmente potrebbe aumentare le tensioni tra le Grandi Potenze e creare mancate convergenze quando bisognerà stabilire le regole contro le “incursioni” in Europa da parte della Cina Popolare ( che aspetta solo quel momento storico).

I politici dell’Europa occidentale si lamentano del fatto che Putin sia bloccato nel passato con il suo sogno di ricostruire la vecchia Russia zarista ma dovrebbero iniziare a pensare al dopoguerra.

La strategia del dopoguerra è molto difficile da progettare nel mezzo di un conflitto, ma vale la pena considerare i principi e i parametri di una “pace” e il sostegno all’Ucraina nel medio-lungo termine. Il parziale (per ora) fallimento di Mosca in Ucraina ha cambiato la dinamica della guerra e ha creato una piccola finestra di opportunità, motivo per cui il Presidente americano Biden ha chiesto di prendere in considerazione la possibile “fine dei giochi”.

Tuttavia, se Mosca vede tale linguaggio come una debolezza, allora persiste il pericolo che l’aggressione russa venga come “ripagata” da un qualsiasi accordo di “pace” che non preveda il completo ritiro delle forze russe da tutto il territorio ucraino. In caso contrario, qualsiasi accordo del genere sarebbe poco più di una pausa in Ucraina e un cessate il fuoco temporaneo nella guerra per procura che la Russia sta combattendo contro l’Europa democratica.

C’è anche il pericolo che Mosca possa utilizzare qualsiasi negoziato di pace che lasci le forze russe sul posto per riorganizzare le proprie forze e risorse belliche con aiuto della Cina Popolare stessa, dell’Iran e di chi sposerà la causa antioccidentale. Il Cremlino avrebbe anche fornito in queste settimane la conferma di fatto che la “Crimea russa” sia il suo principale obiettivo di guerra da sempre e che il resto della distruzione sia solo uno stratagemma per acquisire potere prenegoziato.

Tuttavia, fonti affidabili affermano che ci sono persone vicine a Zelensky che potrebbero prendere in considerazione una sorta di accordo che coinvolga non solo il Donbass ma molto probabilmente la Crimea, anche perché Kiev è preoccupata per la debolezza del sostegno occidentale, in particolare Francia e Germania. Secondo questi esperti un accordo di tale tipo comporterebbe una serie di passi consequenziali che sono elencati di seguito.

In primo luogo, qualsiasi eventuale accordo di pace dovrebbe essere collegato al comportamento futuro della Russia, e non solo in Ucraina.

In secondo luogo, sarebbe necessario garantire la lingua e altri “diritti” per i russofoni sotto la supervisione dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) con osservatori stazionati permanentemente sull’intero territorio dell’Ucraina orientale e sudorientale.

In terzo luogo, e solo dopo almeno 10 anni di pace, stabilizzazione e ricostruzione sostenute ci sarebbe la possibilità di prevedere un impegno a tenere un referendum approvato e osservato a livello internazionale in Crimea, dove attualmente i russofoni costituiscono il 64% della popolazione e gli ucraini 24 %.

In quarto luogo, qualsiasi iniziativa del genere porterebbe solo a una sovranità congiunta ancora una volta supervisionata dall’OSCE per un ulteriore lungo periodo. In quinto luogo, l’Ucraina accetterebbe nuovamente un contratto di leasing per la flotta del Mar Nero a Sebastopoli in modo che la Russia mantenga almeno una base della flotta libera dai ghiacci.

In sesto luogo, i russi dovrebbero pagare risarcimenti all’Ucraina possibilmente con un rapporto di circa 10:1 rispetto agli investimenti occidentali nella ricostruzione dell’Ucraina e l’UE assumerebbe la guida di gran parte di tale sforzo. In settimo luogo, all’Ucraina dovrebbe essere offerto anche un accordo di associazione esteso e immediato con l’UE e l’adesione all’UE entro il prossimo decennio attraverso un programma accelerato per soddisfare i requisiti comunitari.

Esiste un precedente per tale accordo, anche se non particolarmente riuscito, nel Piano d’azione globale congiunto (JCPOA) del luglio 2015 concordato dal P5+1 (membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania) concordato con l’Iran. Qualsiasi revoca delle sanzioni dipenderebbe interamente dal fatto che la Russia accetti e mantenga il proprio sostegno all’accordo per un periodo di almeno un decennio.

La “voglia di pace” inizia a far breccia, importante ora: alimentarla.

Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence college Foundation.

Foto di Alexandra_Koch da Pixabay

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