Epifania, l’origine di una festa

Nell’immaginario collettivo è una dolce vecchietta che arriva su una scopa per portare dolciumi ai bimbi buoni e carbone a quelli cattivi. L’epifania è una festa molto amata...

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Nell’immaginario collettivo è una dolce vecchietta che arriva su una scopa per portare dolciumi ai bimbi buoni e carbone a quelli cattivi. L’epifania è una festa molto amata nel nostro Paese e poco conosciuta all’estero, ma quale è la sua storia o è semplicemente una credenza popolare? Mons. Marco Navoni dottore della Veneranda Biblioteca’ Ambrosiana, nel suo libro “L’anno liturgico ambrosiano. Storia e spiritualità” e dal quale abbiamo attinto il testo qui pubblicato ne spiega la sua origine.

«Nel mese di Gennaio domina la festa dell’Epifania che nel rito ambrosiano, ha sempre conservato una solennità se non proprio maggiore, per lo meno pari a quella del Natale. Se chiedessimo a gran parte dei fedeli che cosa commemora la festa, moltissimi risponderebbero: la visita dei Magi a Betlemme. La risposta è esatta, ma molto parziale, perché in effetti, nella liturgia ambrosiana, il contenuto della festa dell’Epifania è molto più ricco ed articolato. Infatti, se la festa di Natale, fissata il 25 Dicembre si polarizzò subito ed esclusivamente sulla commemorazione della nascita di Gesù a Betlemme, quella dell’Epifania, fissata al 6 Gennaio, venne arricchendosi di molteplici contenuti. Sappiamo che la parola “Epifania” di origine greca, significa letteralmente “manifestazione”, dove il primo ed esplicito riferimento è proprio al mistero natalizio nel suo complesso: nel mistero natalizio infatti il Verbo di Dio con la sua gloria si è appunto “manifestato” nella nostra condizione umana nascendo da Maria Vergine.

Ma nella Chiesa antica tale festa si allargò fino a ricomprendere anche altri episodi della vita di Cristo al di là di quelli tipici del tempo natalizio in senso stretto (come la visita dei Magi a Betlemme), per commemorare in tal modo altre “epifanie”, cioè altri episodi della vita del Signore Gesù, nei quali si è ugualmente e pienamente “manifestata” la sua identità singolare di Figlio di Dio venuto fra gli uomini per salvarli. Passiamo dunque in rassegna gli episodi evangelici che fin dall’antichità sono entrati a comporre la fisionomia di questa antica festa. Innanzitutto la stella che guida i Magi alla capanna di Betlemme: questo, in effetti, è l’episodio che – come abbiamo detto – in Occidente ha di fatto polarizzato su di sé quasi totalmente la festa del 6 Gennaio intesa come prima “manifestazione” gloriosa di Gesù, appena nato a Betlemme, a tutte le genti del mondo rappresentate dai Magi. Nelle liturgie orientali tuttavia l’episodio dei Magi viene letto nel Vangelo del giorno di Natale, al 25 Dicembre, mentre l’Epifania al 6 Gennaio commemora esclusivamente il battesimo di Gesù al Giordano. Ed è questo infatti il secondo episodio che nella tradizione più antica entrava come “ingrediente” di tale festa. Certamente l’episodio del battesimo di Gesù non è strettamente natalizio (se non altro perché storicamente si è verificato trent’anni dopo la nascita di Gesù a Betlemme); tuttavia – e questa è la cosa importante – identico ne è il contenuto: sulle rive del Giordano, infatti, nell’atto stesso di essere battezzato da Giovanni, Cristo si “manifesta” come il Figlio di Dio inviato dal Padre con una missione di salvezza a tutto il mondo.

Potremmo dunque dire che di questi due episodi, che anticamente entravano a comporre la festa dell’Epifania, l’Occidente abbia messo in particolare evidenza il primo (la stella e i Magi) quasi dimenticando il secondo (il battesimo al Giordano), mentre l’Oriente ha conglobato il primo nella festa del 25 Dicembre, mettendo esclusivamente in evidenza il secondo al 6 Gennaio. La nostra tradizione ambrosiana, invece, pur essendo sostanzialmente di origine occidentale, ha sempre tenuto vivo,nell’Epifania, anche il ricordo del battesimo di Gesù, in perfetta consonanza con l’Oriente,ma non solo questo. La cosa è chiarissima nell’antico inno liturgico per la festa del 6 Gennaio composta da Sant’Ambrogio stesso e che dalle parole iniziali si intitola Illuminans Altissimus (espressione che p potremmo tradurre così: “Tu, o Signore Gesù, che dall’alto dei cieli effondi la tua luce”) Ebbene, in tale testo poetico il nostro santo patrono passa in rassegna ben quattro episodi evangelici commemorati nella festa dell’Epifania, tutti accomunati dal fatto di essere altrettante “manifestazioni” (e quindi letteralmente altrettante “epifanie”) della gloria di Cristo come Figlio di Dio. Dopo aver ricordato il battesimo di Gesù al Giordano e la visita dei Magi a Betlemme (e si noti che Ambrogio significativamente e contro la cronologia storica nel suo inno parla prima del battesimo di Gesù, primitivo episodio commemorato nella festa dell’Epifania, e solo dopo dell’episodio dei Magi), egli ricorda anche il miracolo di Cana, quandoil Signore trasformò l’acqua in vino, e per la prima volta “manifestò la sua gloria” ai suoi discepoli, come dice l’evangelista Giovanni (cfr 2,11) e infine la moltiplicazione dei pani, con la quale Gesù si manifestò come il Messia prefigurato dai profeti colui che avrebbe imbandito per il suo popolo il banchetto della salvezza.

Dunque una festa quella dell’Epifania, ricca di richiami biblici e dal contenuto molto complesso ma nel contempo anche profondamente unitario. I vari episodi evangelici richiamati dall’inno di Sant’Ambrogio e dalla tradizione liturgica ambrosiana permettono infatti di contemplare i vari modi in cui l’amore di Dio si è manifestato a noi: innanzitutto mandandoci il suo Figlio unigentio nato a Betlemme, salvatore di tutti gli uomini rappresentati dai Magi; poi attraverso la rivelazione della Trinità al Giordano durante il rito del battesimo, quando su Gesù di Nazaret scende lo Spirito e la voce del Padre lo proclama suo Figlio prediletto; e infine attraverso il dono di un vino eccellente e sovrabbondante a Cana di Galilea, così come sovrabbondanti sono i pani della moltiplicazione miracolosa avvenuta nel deserto: vino e pani sono infatti il simbolo della sovrabbondanza dei doni di grazia che in Cristo Signore il Padre ha riversato sull’umanità.

Ma la festa dell’Epifania ha anche un significato per così dire “nuziale”: nel mistero dell’incarnazione infatti l Verbo ha unito a sé la natura umana come in una specie di unione sponsale infrangibile e indissolubile; e ciò è messo in evidenza da un antico testo liturgico che la tradizione ambrosiana ha conservato fino a oggi come canto di comunione alla messa del 6 Gennaio. In esso si contempla la Chiesa sposa che si unisce a Gesù Cristo suo sposo divino, e la festa dell’Epifania vi è descritta come la festa di nozze tra Cristo e la Chiesa.

Oggi la Chiesa si unisce al celeste suo sposo
che laverà i suoi peccati
nell’acqua del Giordano.
Coi loro doni accorrono i Magi
alle nozze del Figlio del re,
e il convito si allieta d un vino mirabile.
Nei nostri cuori risuona la voce del Padre
che rivela a Giovanni il Salvatore:
“Questi è il Figlio che amo:
ascoltate la sua parola”

Come si può notare questo testo peotico fonde in maniera armonica, trafigurandoli in un’unica visione, i vari episodi dell’Epifania: nel battesimo al Giordano Cristo rende candida e immacolata la Chiesa per renderla sua sposa purissima; i doni portati da Magi sono come i doni nuziali e la festa di nozze si allieta per il vino sovrabbondante di Cana, simbolo dei doni di salvezza. Infine, la voce del Padre, risuonata sulle rive del Giordano, ora risuona nei cuori dei fedeli, invitati a riconoscere nella fede la “manifestazione” del Figlio di Dio e ad accoglierne con ubbidienza la Parola di vita. Concludendo. Dal giorno in cui Gesù di Nazaret, attraverso le sue “epifanie” si è “manifestato” come luce del mondo, datore di ogni bene e Figlio prediletto del Padre, ogni uomo, se vuole arrivare a Dio e ritrovare se stesso, deve obbligatoriamente fare riferimento a Cristo, non può sottrarsi a un confronto diretto con lui, non può rifiutarsi di registrare la sua vita a partire dalla vita e dall’opera di Cristo. “Ascoltate la sua parola!” E’ il Padre stesso che ci suggerisce la vita di questo riferimento-confronto con il proprio Figlio: l’ascolto della sua parola, l’adesione di vita al suo Vangelo.

L’Epifania, nella tradizione popolare, conclude le feste natalizie; in ogni caso, con il passare del calendario anche l’atmosfera che si è recata attorno a esse passa rapidamente e rischia di dileguarsi senza lasciare traccia incisiva nella nostra esistenza. Una cosa sola resta, che è poi quella essenziale e duratura: la parola di Cristo, Figlio prediletto del Padre. Ogni uomo, ascoltando e praticando questa parola, può rendere sempre nuovo e fruttuoso il messaggio perenne dell’Epifania nel proprio cuore e nel profondo della propria vita».

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