Draghi indossa l’elmetto, i generali no

di Alberto Comuzzi – Qualche lettore nato negli anni Trenta del secolo scorso ricorderà di avere dovuto svolgere il tema “Odiare il nemico”. Ad imporre l’argomento era stato...

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di Alberto ComuzziQualche lettore nato negli anni Trenta del secolo scorso ricorderà di avere dovuto svolgere il tema “Odiare il nemico”. Ad imporre l’argomento era stato Alessandro Pavolini, responsabile del MinCulPop (Ministero della cultura popolare), il quale aveva preso spunto da un articolo scritto sul “Corriere della sera” dal giornalista Mario Appelius. Era un periodo in cui il Governo di Mussolini aveva l’esigenza di infervorare gli animi per predisporli alla guerra.

La voce di Appelius si alternò con quella di Giovanni Ansaldo dai microfoni dell’Eiar (da cui sarebbe nata la Rai), ogni sera durante gli anni cruciali del conflitto, per sostenere lo spirito combattivo degli italiani. Celebre la frase con cui la “voce del Regime” concludeva i suoi interventi serali: «Dio stramaledica gli inglesi».

Sono passati ottant’anni e siamo ripiombati in quel clima con l’aggravante che a suggestionare l’opinione pubblica oggi non c’è solo la radio, ma quel formidabile strumento di rimbambimento collettivo che è la televisione, ben supportata da diversi social network.

L’apparato mediatico (salvo pochissime eccezioni) è controllato da quelle élite occidentali che sembrano più interessate ad acuire che a contenere il conflitto generato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Leader ed esponenti politici appaiono impegnati a far passare un unico messaggio nella testa delle persone: il presidente della Russia, Putin, è un criminale sanguinario che va eliminato.

La realtà che sta emergendo è invece un’altra: sono gli Stati Uniti a volere chiudere la partita con la Russia e, fin dal 2014, hanno scelto l’Ucraina come terreno di scontro per il colpo finale.

Il presidente Joe Biden, confortato dagli “illuminati” che lo sostengono non ha alcuna voglia di sedersi ad un tavolo per trattare con Putin. Gli ucraini stanno morendo non per difendere i valori delle democrazie occidentali, ma per gli interessi di una élite mondiale (di cui Biden è espressione) che non ha alcun rispetto per la vita umana.

È evidente che il primo ministro ucraino, Zelens’kyj, sia un ostaggio nelle mani dell’attuale governo statunitense e che sia obbligato a perseverare in una guerra utile ad indebolire la Russia.

Il francese Macron e il tedesco Scholz hanno mostrato di non volersi totalmente appiattire sulle tesi di Biden: per esempio, non hanno condiviso il giudizio del Presidente statunitense che ha accusato di «genocidio» Putin definendolo pure «macellaio».

Il nostro capo del Governo, Mario Draghi, invece s’è mostrato molto più in linea con l’attuale Inquilino della Casa Bianca, forse per ottenerne l’appoggio alla carica di segretario della Nato, come scritto da Maurizio Belpietro, direttore de “La Verità”.

È un dato di fatto oggettivo: gli esponenti politici, a cominciare da quelli del Partito democratico, sono i più infervorati nell’usare parole pesanti come “guerra”, “genocidio”, “conflitto armato”, mentre i più prudenti e responsabili, capaci di misurare il linguaggio bellicoso, sono i militari.

Proprio perché conoscono gli effetti devastanti delle armi i vertici della difesa parlano con toni moderati. Avendo esperienze plurime maturate in teatri reali come Afghanistan, ex Jugoslavia, Kosovo, Libia, Iraq etc., sanno di che cosa parlano e intervengono sempre a proposito, a differenza di tanti ospiti di talk show che chiacchierano di geopolitica, strategia, sicurezza sulla base di qualche notizia appresa dal telegiornale.

I ragionamenti più pacati e più ostili alla guerra vengono proprio dai nostri generali. Gli articoli (che abbiamo l’onore di ospitare nel nostro giornale) scritti da Giuseppe Morabito, membro del Direttorio della Nato Defence College Foundation, hanno una prosa che rifugge da iperbole bellicose pur trattando argomenti che facilmente le consentirebbero.

Anche le dichiarazioni di altri importanti generali confermano il linguaggio di basso profilo per evitare di enfatizzare un certo clima di guerra. Si leggano le varie interviste, tutte improntate alla moderazione, rilasciate da Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato Maggiore della Difesa, da Leonardo Tricarico, capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica o da Domenico Rossi, già sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e ora sottosegretario alla Difesa.

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