Ospedale Carate: riprende l’attività chirurgica

Riprende con gradualità, anche all’ospedale di Carate l’attività chirurgica. Dal mese di marzo, ad esempio, la struttura di Chirurgia Generale, diretta da Massimiliano Casati, a causa della crisi...

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Riprende con gradualità, anche all’ospedale di Carate l’attività chirurgica. Dal mese di marzo, ad esempio, la struttura di Chirurgia Generale, diretta da Massimiliano Casati, a causa della crisi sanitaria da coronavirus, aveva rimodulato la propria attività, riservando una sola seduta giornaliera per le urgenze. Da un paio di settimane, invece, in conseguenza di una minore pressione della pandemia, con sempre meno pazienti ricoverati sintomatici ma soprattutto con meno pazienti positivi al virus, l’attività chirurgica in elezione è stata ripristinata parzialmente, con un graduale e lento ritorno alla normalità.

Vale la pena ricordare che gli ultimi due piani del blocco ospedaliero dedicati, tradizionalmente, alle degenze chirurgiche, una volta esplosa l’emergenza, sono stati via via trasformati in due piani COVID-19, con picchi di oltre 70 pazienti infetti ricoverati e una media di 15 pazienti in attesa di ricovero in PS.

“Tutto il personale medico e infermieristico – ricorda il primario di Chirurgia Generale – si è adeguato con infinita disponibilità alla nuova realtà che ha cambiato in poco tempo le abitudini lavorative di ognuno. I medici internisti sono stati affiancati da due chirurghi di varie discipline che hanno prestato a cicli settimanali il loro supporto”.

Oggi, uno dei due piani chirurgici è stato liberato e sanificato: si è ripresa l’attività chirurgica elettiva, con 3 sedute settimanali, durante le quali vengono pianificati interventi di chirurgia oncologica. Il quarto piano chirurgico è stato suddiviso in due zone separate; la prima ancora dedicata ai pazienti COVID rimasti, sempre in minor numero, e la seconda, dove vengono ricoverati i pazienti in attesa di tampone. Questo ha permesso di identificare tre percorsi assolutamente distinti per tipologia di paziente. “Un discorso a parte – aggiunge Massimiliano Casati – merita il blocco operatorio.

Nessuna urgenza è stata rinviata o trasferita altrove, mentre i locali vengono sanificati al termine di ogni procedura. Ovviamente, i tempi si sono un pò allungati in quanto i pazienti vengono accompagnati nelle proprie sale operatorie singolarmente e nessun paziente sosta nella recovery room prima o dopo la procedura chirurgica. Al termine di ogni intervento la sala viene sanificata, il che richiede ulteriore tempo tra un intervento e l’altro. Il tutto con estrema coordinazione tra reparti e blocco operatorio”.

In queste ultime due settimane sono stati eseguiti, fra l’altro, interventi di colectomia, con pazienti già tutti dimessi al proprio domicilio; di colecistectomia, di mastectomia e quadrantectomia con ricerca del linfonodo sentinella; di duodenocefalopancreasectomia.

Nelle prossime due settimane sono già stati programmati altri interventi, tra cui un secondo caso a Carate di TaTME, una procedura chirurgica oncologica di resezione del retto per via combinata, addominale e transanale, e con doppia équipe, chirurgica ed infermieristica.

Casati è tra gli operatori leader del protocollo clinico ERAS (Enhanced Recovery After Surgery). “Il chirurgo, con questo approccio – spiega Casati – è come un sarto che crea un abito su misura, sceglie una tecnica chirurgica appositamente tagliata sulle esigenze del singolo paziente. L’applicazione del modello ERAS, la cui riduzione delle complicanze è riconosciuta dalla pubblicistica scientifica internazionale, ha trovato a Carate un primo terreno di sperimentazione nella chirurgia colo rettale”. L’adozione del programma ERAS consente “la riduzione dei disagi legati all’intervento operatorio (ad esempio, quelli relativi al periodo di digiuno); l’utilizzo di tecniche anestesiologiche e chirurgiche meno invasive; un miglior controllo del dolore; una ripresa precoce dell’alimentazione e del movimento; una minor degenza post operatoria”.

Casati ha introdotto all’Ospedale di Carate anche una tecnica chirurgica denominata TaTME “Durante l’intervento chirurgico tradizionale – insiste il primario –per arrivare alla zona colpita dal tumore, si accedeva dall’addome, per poi scendere verso la cavità pelvica. Con la TaTME si accede, invece, anche per via transanale, permettendo così una migliore visione della parte finale del retto. E’ una tecnica che richiede – continua lo specialista – una grande esperienza nella chirurgia laparoscopica e transanale, oltre ad un lungo e impegnativo periodo di apprendimento e ad uno sforzo organizzativo notevole, poiché l’intervento viene condotto simultaneamente da due équipe. Numerosi i vantaggi per il paziente, i più importanti dei quali sono la drastica riduzione della demolizione anatomica e quindi di stomie definitive e la possibilità di effettuare un intervento più preciso dal punto di vista oncologico”.

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