L’ASST di Vimercate ha partecipato ad un importante studio clinico che ha rivelato il potenziale dei sistemi di supporto decisionale computerizzati (SSDC) nella riduzione di errori di diagnostica e di prescrizione. I risultati sono stati recentemente pubblicati su uno dei giornali scientifici più prestigiosi al mondo: JAMA (Journal of the American Medical Association).
La ricerca, finanziata dal Ministero della Salute e dalla Regione Lombardia, è stato condotta sotto la supervisione di Lorenzo Moja, professore associato in Igiene e Medicina Preventiva presso l’Università degli Studi di Milano.
Il lavoro si poneva un interrogativo fondamentale: è possibile incoraggiare i medici a riconsiderare le loro prescrizioni e decisioni, potenzialmente dannose, tramite un software che li orienti con alert e messaggi-guida? Lo studio mostra che la risposta alla domande è “sì”. I medici che hanno utilizzato il SSDC hanno riportato un tasso significativamente più basso di errori di prescrizione e di diagnosi rispetto al gruppo di controllo, che non aveva accesso al supporto decisionale.
“In questa era digitale, dobbiamo pensare a come supportare i medici nel loro lavoro”, riferisce Hernan Polo Friz, responsabile del progetto presso l’Ospedale di Vimercate, il quale ha supervisionato l’assistenza dei pazienti della Struttura di Medicina Interna , diretta da Giuseppe Danilo Vighi, ammessi allo studio. “Nell’ultimo decennio il carico di lavoro clinico è molto aumentato e, quando i medici sono stanchi, possono sbagliare più frequentemente. Le cartelle cliniche elettroniche hanno spianato la strada ad un nuovo approccio alla pratica clinica: i dati dei pazienti non raccontano solo lo stato di salute dei singoli individui; diventano un innesco di suggerimenti che agevolano le diagnosi dei medici e le decisioni in merito al trattamento.”
Se i sistemi di supporto informatico alle decisioni sono in grado di migliorare la qualità delle cure e, potenzialmente, ridurre gli errori diagnostici e terapeutici, perché, dunque, non vengono utilizzati in tutti gli ospedali? “Esistono due principali ostacoli”, aggiunge Giovanni Delgrossi, responsabile della divisone di Tecnologia dell’Informazione e Comunicazione presso l’ospedale di Vimercate. “In primo luogo, sono ancora pochi i medici a proprio agio con gli algoritmi che nelle cartelle cliniche elettroniche guidano le opzioni terapeutiche per i pazienti. In secondo luogo, le cartelle cliniche in formato digitale sono ancora abbozzi piuttosto caotici di informazioni, che spesso complicano, anziché agevolare, l’integrazione dei dati ospedalieri e dei sistemi di supporto alle decisioni. Questo studio fa vedere quello che forse sarà il futuro in molte strutture.”
Sono stati pubblicati recentemente sulle autorevoli riviste scientifiche internazionali anche i risultati di un’altra ricerche realizzate all’Ospedale di Vimercate, presso il Dipartimento Internistico Specialistico.
Sull’European Journal of Internal Medicine, organo divulgativo della European Federation of Internal Medicine, è apparso uno studio che si è focalizzato sulla prognosi e l’aspettativa di vita dei pazienti di oltre 65 anni d’età valutati per sospetta Tromboembolia Polmonare (TEP). La patologia colpisce in Italia circa 65.000 persone all’anno e costituisce la terza causa di morte dopo l’infarto miocardico acuto e l’ictus.
“Lo studio – spiegano gli specialisti dell’Ospedale di Vimercate – ha consentito di riscontrare e identificare caratteristiche specifiche della popolazione anziana con tromboembolia polmonare; l’utilità di alcuni test, utilizzati abitualmente per fare diagnosi, anche come elemento prognostico; il valore prognostico della comorbidità (ovvero della presenza di altre malattie al momento della diagnosi di TEP), che rappresenta una condizione molto frequente nei pazienti anziani, ma molto poco studiata e conosciuta precedentemente”.“Le pubblicazioni – spiega Giuseppe Vighi – rappresentano un importate traguardo perché confermano che nel nostro ospedale e nella nostra azienda si può portare a termine ricerca indipendente di ottima qualità, partendo proprio dalle attività cliniche quotidiane, utilizzando al meglio tutte le risorse, umane, tecnologiche e finanziarie, che abbiamo a disposizione e contribuendo alle attività delle diverse reti specialistiche regionali e nazionali”.
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