La cultura camuna a Mendrisio con Franca Ghitti

di Paola Mormina – Sino al 15 Luglio il museo d’arte di Mendrisio ospita un’ampia mostra monografica dedicata a Franca Ghitti, artista camuna che ha saputo conciliare arte e...

1496 0
1496 0

di Paola Mormina – Sino al 15 Luglio il museo d’arte di Mendrisio ospita un’ampia mostra monografica dedicata a Franca Ghitti, artista camuna che ha saputo conciliare arte e natura nel rispetto della tradizione.

Credo nella scultura come linguaggio assoluto”. Franca Ghitti, nativa di Erbanno (1932 – Brescia 2012) ha sempre osservato con attenzione quel paesaggio natìo che la circondava e affascinava, e ha saputo rendere la sua arte una solida testimonianza, nonché continuità, della tradizione camuna, peculiarità che non l’ha mai abbandonata nonostante i lunghi periodi trascorsi all’estero. Studierà all’Accademia di Brera a Milano ma frequenterà poi a Parigi l’Académie de la Grande Chaumière, mentre a Salisburgo il suo corso d’incisione sarà diretto proprio dal maestro Oskar Kokoschka. I suoi primi dipinti risalgono all’adolescenza, e a partire dai primi anni 50 realizzerà una serie di opere e cicli pittorici dove senso della tradizione unito all’invenzione combaceranno perfettamente creando opere originali e di grande fascino, tra questi i primi Racconti della Valle.

Fondamentale per lei la collaborazione nel 1963 con Manuel Anati alla fondazione del Centro Camuno di Studi Preistorici; tale esperienza le consentirà di accostarsi allo studio delle mappe incise della Val Camonica, reinventate poi da lei su tavolette di legno con reti metalliche e chiodi: nasceranno proprio così le sue prime Mappe. L’esposizione interamente dedicata ai suoi lavori scultorei al Museo di Mendrisio, a cura di Barbara Paltenghi Malacrida in collaborazione con Elena Pontiggia e con la partecipazione della Fondazione Archivio Franca Ghitti di Cellatica, affronta le tappe più significative della sua arte, il cui linguaggio si lega indiscutibilmente all’analisi degli elementi di natura più antichi.

Partendo da fossili e incisioni rupestri della Val Camonica si compie così un percorso in continua evoluzione, dove il legno protagonista indiscusso delle opere presentate assume ancestrali valenze. In particolare il recupero dei legni usurati, degli avanzi di segheria, dei chiodi, evocano la presenza di una cultura intessuta di elementi costanti e ripetuti, di antichi ricordi come quello della propria dimora o di un bosco, in cui si stagliano totem scolpiti. Presenti in questa sezione della mostra le Mappe, le Vicinie, i Tondi, le Edicole ,le Madie e il Bosco, per poi proseguire con una selezione della sua produzione in ferro (tra cui gli Alberi vela, le Meridiane, la Pioggia e, nel chiostro del Museo, la Cascata). In maniera analoga al legno anche l’elemento ferroso è un processo di recupero dei reperti abbandonati nelle fucine, a loro volta sapientemente elaborati in nuove forme e iconografie.

Dal 1969 al 1971 vivrà e lavorerà in Kenya, dove per incarico del Ministero degli Esteri (Cooperazione Culturale Scientifica e Tecnica) realizzerà le grandi vetrate legate in cemento della Chiesa degli Italiani a Nairobi. I viaggi e i continui contatti con molte culture tribali le chiariscono il valore dei codici formali, sorta di “altri alfabeti” lasciati dalle comunità passate e dalle strutture sociali come testimonianza di civiltà, nonché prime forme di espressione. Nel 1978 dirigerà la collana Arti e Tradizioni Popolari Camune(La valle dei Magli, 1978 e La farina e i giorni, 1979) per le Edizioni Scheiwiller di Milano, e viene dedicata appositamente alle edizioni artistiche proprio una sezione a fine mostra.

La sua ultima produzione raccoglie la grande sfida di affrontare lo spazio temporale moderno, analizzando le nuove tecnologie e gli antichi linguaggi seriali restituendo ad essi un ritmo di elementi esistenziali comuni, con sequenze stratificate di stampi e scarti di lavorazione del legno e del ferro. Le sue installazioni sapranno così trasformare uno spazio fisicamente vuoto in uno spazio storico, pieno, laddove il “luogo della scultura” diviene deposito e archivio di antiche memorie e di strutture ideologiche e sociali.

Attualmente completa l’offerta artistica del Museo anche l’esposizione, sempre sino al 15 luglio, di una parte consistente della Collezione Bolzani, importante lascito di oltre un centinaio di opere di arte italiana del Novecento raccolte da Nene e Luciano Bolzani, e che i figli Lorenza e Giovanni hanno donato al Museo: tra gli artisti italiani Giorgio MorandiMario SironiCarlo CarràArdengo SofficiRenato GuttusoBruno CassinariEmilio Vedova, Luciano Minguzzi; tra gli artisti ticinesi Filippo Boldini, Edmondo Dobrzanski, Giovanni Genucchi, Sergio Emery, Renzo Ferrari, Cesare Lucchini, Gabai. Un ottimo motivo per approfittare dell’estate alle porte e godersi un giro nel Canton Ticino, dove il comune di Mendrisio offre molteplici attività.

Condividi

Join the Conversation