La criminalità organizzata è la più grande azienda italiana

di Alberto Comuzzi – Mentre infuria la polemica per quattro sindaci (per ora) che hanno deciso di non applicare l’articolo 13 del decreto sicurezza – la norma che impedisce...

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di Alberto Comuzzi – Mentre infuria la polemica per quattro sindaci (per ora) che hanno deciso di non applicare l’articolo 13 del decreto sicurezza – la norma che impedisce di concedere la residenza ai richiedenti asilo –, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, invia una lettera (integralmente pubblicata a questo link) ai parroci e ai responsabili di Comunità pastorali della diocesi perché collaborino con le Forze dell’ordine a contrastare la criminalità organizzata.

Giornali, telegiornali, radiogiornali, talk show, social media, mancano solo i poster e i manifesti murali, stanno frastornano l’opinione pubblica italiana su un aspetto, non irrilevante, ma certamente marginale della questione ben più grave e complessa come quella della sicurezza nazionale.

In particolare i sindaci di due importanti capoluoghi di regione, Palermo e Napoli, gravati da endemici problemi di criminalità organizzata, invece di preoccuparsi, nei limiti delle funzioni a loro consentite della legge, di tenere alta la guardia contro le consorterie del malaffare, che fanno? Invitano alla disobbedienza civile accusando il governo di varare leggi che agevolerebbero l’immissione di stranieri nei ranghi bassi della criminalità organizzata.

Di ben altro e alto profilo la lettera dell’ Arcivescovo di Milano in cui, tra l’altro si legge che «anche la città di Milano e il circondario è interessata dalla presenza di consorterie criminali, che si insinuano nel tessuto economico produttivo, attraverso traffico di stupefacenti, riciclaggio del denaro, usura, controllo del territorio per affari illeciti, fino a infiltrazioni istituzionali, approfittando delle situazioni di difficoltà economiche in cui versano soprattutto le piccole/medie imprese, spesso indotte a ricercare linee di credito non convenzionali.

Si ha sentore che le organizzazioni criminali stiano contattando tali imprese, ponendosi inizialmente in una posizione di partenariato per poi inserirsi nelle gestioni economiche, spesso tramite consulenti compiacenti, per acquisirle saldando i debiti dell’imprenditore e facendolo continuare a lavorare nella propria impresa come loro sottoposto.

L’efficacia di tale sistema di penetrazione del territorio è altresì rappresentato dall’omertà e dal senso di isolamento che gli esponenti delle cosche riescono a generare nelle loro vittime, le quali per paura non collaborano con le Forze di polizia, come peraltro risulta dal limitato numero di denunce pr esentate».

Monsignor Delpini conferma quanto denunciato dalla dottoressa Alessandra Dolci, procuratore della Repubblica aggiunto e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Milano e dell’Ufficio misure di prevenzione, a proposito della nuova frontiera della criminalità che, offrendosi come partner a imprenditori in difficoltà, di fatto finisce per inquinare l’economia vera, quella che manda avanti un Paese.

Confesercenti e Sos Impresa, nella XIII^ edizione del rapporto “Le mani della criminalità sulle imprese”, sottolineano che la criminalità mafiosa, incidendo direttamente sulle aziende, sfiora i 100 miliardi di euro, pari a circa il 7 per cento del Pil nazionale.

«I commercianti e gli imprenditori ogni giorno subiscono milletrecento reati, praticamente cinquanta ogni ora, quasi uno al minuto», ha documentato l’agenzia Adnkronos. «La criminalità organizzata con un fatturato complessivo di oltre 137 miliardi di euro e un utile di oltre 104 miliardi di cui oltre 65 miliardi in denaro contante, è “la più grande azienda italiana”».

Altra emergenza nazionale è tornata ad essere anche l’usura, «alimentata da una crisi economica che costringe alla chiusura cinquanta aziende al giorno» e che avrebbe bruciato, nel 2017, 130.000 posti di lavoro. Al Centro-Nord, conferma il citato Rapporto, è forte la presenza di denunce di estorsioni finalizzate all’usura, o casi di truffe denunciate come estorsioni, ovvero estorsioni tentate da singoli (malavitosi, tossicodipendenti, extracomunitari) verso soggetti imprenditoriali e non solo.

Se cominciamo a prendere atto che la legalità è la vera emergenza d’Italia, allora dobbiamo volgere lo sguardo alle due istituzioni più preziose su cui possiamo contare per ripristinarla: la Chiesa per rilanciare una forte campagna educativa e i Carabinieri per emularne senso del dovere e disciplina. Scuola, famiglia, magistratura, politica – purtroppo per noi – non sembrano in grado di dare un contributo energico, almeno per ora, per uscire da tale emergenza.

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