“Uno pictore ceciliano”: Antonello da Messina arriva a Milano

di Paola Mormina – “Infine voglio dedicare questa mostra a tutti i sognatori, a tutti quelli che hanno grandi ambizioni. Quelli che ancora sono convinti che nel mondo...

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di Paola Mormina – “Infine voglio dedicare questa mostra a tutti i sognatori, a tutti quelli che hanno grandi ambizioni. Quelli che ancora sono convinti che nel mondo la bellezza possa salvarsi” – con queste parole  Domenico Piraina, direttore del Palazzo Reale di Milano, apre ufficialmente l’esposizione tanto attesa e dedicata ad Antonello da Messina, riassumendo così perfettamente quel sentimento che prende per mano il visitatore sin dall’inizio per accompagnarlo poi lungo tutta la visita. Antonello oggi giunge finalmente a Milano dopo aver rifiutato un invito ufficiale da parte di Gian Galeazzo Visconti, che già nel 1476 desiderava ardentemente quel “pictore ceciliano” presso la sua corte.

Le ragioni di tale rifiuto ad oggi restano ancora oscure, probabilmente dopo il lungo soggiorno veneziano Antonello preferì semplicemente ritornare alle origini nella sua terra natale, la Sicilia, così traboccante di luci, sguardi, sentimenti e panorami che tanto lo ispiravano.

Si tinge d’ironia come la controversia con la città meneghina sembra quasi non avere fine, date le vicende note del prestito tanto sofferto dell’Annunciata di Palermo, ma anche la sua terra non ebbe particolarmente a cuore le opere di quel genio artistico, purtroppo in gran parte devastato da tragici avvenimenti naturali, alluvioni, terremoti, in aggiunta all’incuria stessa degli uomini.

Sono così pervenute a noi poche tavole, e quelle rimaste attualmente sono smembrate in diverse raccolte  tra i musei italiani, oltre Manica ma anche oltre Atlantico. Ben diciannove delle trentacinque opere autografe di Antonello vengono oggi esposte in questa mostra, curata da Giovanni Carlo Federico Villa e frutto della collaborazione fra la Regione Siciliana e il Comune di Milano-Cultura, con la produzione di Palazzo Reale e “MondoMostre” uno dei  maggiori organizzatori e produttori di mostre in Italia; uno degli eventi culturalmente più rilevanti per l’anno 2019

Già il Vasari nelle Vite diverso tempo dopo narrava le vicende di quel talentuoso e giovane ragazzo che aveva ricevuto il segreto della pittura ad olio –  un Jan van Eyck siciliano – che avrebbe fatto tesoro di quella particolare tecnica originaria del Nord Europa  e caratterizzata da stesure ad olio traslucido sulla tavola per portarla nel Mediterraneo, arricchendola inoltre con il magistrale uso del colore di scuola veneta. Compiuta così la magia, sembra davvero di osservare Van Eyck davanti al San Girolamo nello studio della National Gallery di Londra, dove le ispirazioni classiche si armonizzano perfettamente con i dettagli fiamminghi, in quel Santo ritratto però con un volto così tanto “italiano”. Oppure nella Crocifissione di Sibiu, dove Antonello colloca sullo sfondo un paesaggio che richiama simbolicamente il porto di Messina: a destra il monastero di San Salvatore, più in fondo il forte di Matagrifone o Rocca Guelfonia, mentre al centro del braccio di mare dipinge le isole Eolie, in una prospettiva assolutamente visionaria ma squisitamente affettiva.

E Antonello è fiammingo anche nei formati, con quelle tavolette così piccole dove lo sguardo è costretto a tuffarsi letteralmente dentro sino al punto di perdersi tra la meraviglia dei dettagli, sempre curatissimi. E poi i volti, i numerosi ritratti d’uomo tra i quali l’enigmatico sorriso proveniente dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù, utilizzato originariamente come sportello di un mobiletto da farmacia nonché oggetto di numerosi restauri,  e meglio conosciuto nella tradizione locale come “ignoto marinaio”. Dagli Uffizi invece arriva l’importantissimo trittico con la Madonna con Bambino, il SanGiovanni Battista e il San Benedetto, ma è davanti a ritratti come l’Ecce Homo che si ha il vero struggimento, osservando come le lacrime scorrono sul volto di quel Cristo così sofferente, così tanto umano. Cristo non è mai stato così tanto uomo, così come lei, la protagonista tanto attesa a Milano, l’Annunciata, è così donna. Femmina e Madonna, tanto pura nello sguardo e semplice nei gesti da lasciare nel visitatore un turbamento perpetuo, con una mano e fare virtuoso si chiude sul petto il velo esattamente come le donne della sua Sicilia erano solite fare –  quel velo che volutamente  rimanda a tradizioni locali ma anche ad influenze ben più remote – mentre l’altra mano si schiude, accoglie, sovrasta, quasi benedice. Particolarità assoluta è la mancanza dell’angelo, figura solitamente cardine in tutte le “Annunciazioni”; qui il celeste messaggero è un grande assente, ma è proprio in questa mancanza che si manifesta tutta la grandezza e la spiritualità del dipinto. Un soffio di vento sembra muovere le pagine sul leggio, come se una porta invisibile si fosse improvvisamente aperta sulla stanza, regalandoci così la visione di una Madonna colta in un momento tanto intimo e inaspettato.

Una mostra che ha una guida d’eccezione: Giovan Battista Cavalcaselle, ed è proprio il grande storico dell’arte attraverso i suoi taccuini e disegni a condurre il visitatore passo dopo passo alla scoperta di Antonello da Messina. Grazie alla preziosa collaborazione con la Biblioteca Marciana di Venezia sono infatti qui esposti anche 19 stupefacenti disegni, di cui 7 taccuini e 12 fogli, che costituiscono la prima vera e unica ricostruzione del catalogo pittorico di Antonello. Una mostra dunque affascinante e importantissima dove poter apprezzare la fine introspezione dei volti degli uomini e delle donne ritratti da un maestro che mescolò diverse tradizioni, culture ed influenze nella sua maniera così mediterranea, creando uno stile inconfondibile e di assoluta bellezza. “Pittore non umano, ma divino”come racconta la dedica dell’ultimo dipinto che chiude la mostra, quello del figlio di Antonello, Jacobello, che con queste parole si celebra figlio di un artista difficilmente eguagliabile da chiunque altro, neppure dal suo stesso sangue.

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