Lo Spazio heart apre il suo 10° anno di attività con una mostra che mette in dialogo gli artisti Bruno Biffi e Raffaele Bonuomo. Le incisioni del primo e le fotografie del secondo vestiranno di bianco e nero i luminosi ambienti dello Spazio heart fino al 28 febbraio 2021.
Due artisti così vicini eppure così lontani, due individualità forti e ben definite che, se messe in dialogo, rivelano profonde affinità elettive. Nasce da questa intuizione visiva, da questa riflessione sull’apparente somiglianza delle due ricerche, l’idea di accostare il lavoro fotografico di Raffaele Bonuomo all’opera calcografica di Bruno Biffi.
Avvalendosi di tecniche e strumenti diversi, i due artisti raggiungono esiti vicinissimi per molti aspetti: in entrambi il segno (tracciato con la luce quello di Raffaele, inciso nel metallo e corroso dalla morsura quello di Bruno) disegna paesaggi che sfuggono alla dimensione del vero che li ha generati e si fanno astratti.
Ora indagati con uno zoom che avvicina i dettagli e si concentra sulle superfici degli elementi paesaggistici, accentuandone le texture e i valori tattili, ora osservati da distanza, in visioni di ampio respiro che ne restituiscono le forme e le strutture, i paesaggi di Bruno e Raffaele disegnano percorsi che si intrecciano per poi separarsi, sovrapposizioni visive subito pronte a diversificarsi…
In un continuo gioco di rimandi e suggestioni incrociate che raccontano due modi di raccontare un territorio dalla vocazione e dagli esiti affini ma dal processo creativo e dalle ragioni di ricerca molto diversi. Biffi e Bonuomo sono due alchimisti: entrambi perfettamente padroni del loro strumento espressivo, lo sottopongono a pratiche sperimentali capaci di ottenere risultati sorprendenti, spesso inaspettati.
Entrambi escono in buona parte dai canoni della loro tecnica espressiva, forzando la mano, mescolando le carte, addentrandosi in territori diversi. Entrambi giocano con le luci e le ombre, con i chiaroscuri e le sfumature, con i bianchi e con i neri e lasciano ampi spazi all’estro del momento (in parte anche a una calibrata e consapevole casualità), all’istinto creativo, procedendo per sperimentazioni. Poco conta che il primo operi sulla fisicità della materia – maneggiando acidi e metalli – e l’altro ragioni nella dimensione intangibile di un’immagine a monitor: l’uno e l’altro costruiscono l’opera trasformando il soggetto da cui sono partiti attraverso prove, tentativi, supposizioni.
In comune i due hanno anche i luoghi: le montagne e i panorami del lecchese, le rocce, le cave, gli specchi d’acqua… Luoghi conosciuti, famigliari, che accompagnano i loro sguardi tutti i giorni e che diventano soggetto per le loro esplorazioni artistiche.
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